Origine geologica della Pianura Padana

La Pianura Padana, una delle più grandi pianure europee, occupa buona parte dell’Italia settentrionale, dalle Alpi occidentali al Mare Adriatico, ed ha all’incirca la forma di un triangolo. Quasi al centro scorre il fiume Po. Prende il nome dal fiume che l’attraversa in direzione ovest-est, il Po, Padus in latino, da cui deriva l’aggettivo padano.

Fu proprio il Po, insieme con i suoi affluenti, a dare origine alla pianura Padana (pianura alluvionale). I corsi d’acqua, scendendo dalle montagne, trascinavano con sé enormi quantità di detriti. Questi si depositarono e si accumularono sul fondo del mare, fino a colmare quello che, 5 milioni di anni fa, era un grande golfo del Mare Adriatico. Il processo d’interramento, lento ma inesorabile, durò milioni di anni e continua tuttora. Il delta del Po continua infatti ad avanzare ogni anno verso il Mare Adriatico, anche se tale processo è reso molto più limitato dalla presenza di sbarramenti che limitano il trasporto solido dei fiumi.

Le glaciazioni del pleistocene

Quando si parla di boschi o in generale di flora della Pianura Padana si inizia o si finisce a parlare di glaciazioni sia perché questi eventi hanno profondamente modificato l’aspetto del luogo sia perché in quest’epoca, che coincide col Pleistocene (2,58 milioni anni fa – 11.700 anni fa), compare l’uomo a stravolgere gli equilibri naturali al punto da rendere ragione a coloro che definiscono Era Antropozoica quell’estensione temporale compresa appunto tra la comparsa dell’uomo e l’età odierna.

Rispetto alle più antiche glaciazioni del Pleistocene, Donau, Günz, Mindel e Riss, quella più nota e più comprensibile per noi per gli effetti che ha provocato sulla distribuzione di flora e fauna e sulle prime popolazioni locali di cui si ha traccia è sicuramente l’ultima, la glaciazione Würm, iniziata circa 110.000 anni fa e terminata circa 9-10.000 anni fa.

Durante l’acme di questa glaciazione, avvenuto circa 18.000 anni fa, la linea di costa dell’Adriatico regredì all’altezza di Ancona, mentre le Alpi furono ricoperte da estesi ghiacciai le cui lingue si spandevano fino alla pianura.

Nel momento in cui il Mare Adriatico si ritirò quando grandi quantità di acqua rimasero bloccate nei ghiacciai, attraverso le terre lasciate libere dal’acqua salata si spostarono e si mescolarono animali e piante che prima vivevano separati, occupando i luoghi più adatti alla loro vita. Quando poi l’Adriatico tornò ad occupare la posizione originaria le piante e gli animali meno mobili rimasero separati in areali che diventarono disgiunti o sopravvissero solo in luoghi particolari come relitti. E’ il caso per esempio del pino loricato, che vive attualmente nel Pollino e nell’Europa sudorientale con distribuzione trans-adriatica.

In generale le glaciazioni prima ed i periodi interglaciali poi favorirono la conquista di nuovi areali ed il successivo isolamento di diverse specie.

I pollini fossili svelano la flora del passato 

Puszta unghereseStudi compiuti su pollini fossili inglobati nei sedimenti ed estratti dalla roccia e dal sottosuolo per mezzo di carotaggi profondi hanno permesso di analizzare la copertura vegetale presente nell’esteso lasso di tempo qual è appunto quello compreso tra i vari episodi glaciali.

E’ emerso quindi che, durante i momenti freddi, ci furono fasi alterne a dominanza ora delle piante arboree ora delle steppe erbacee. Senza entrare nel merito dell’argomento, ci limitiamo a considerare come durante i periodi più umidi e meno freddi dominasse il bosco ad essenze arboree che ora si trovano confinate nella media montagna, ma che allora trovavano rifugio dalla morsa del gelo in pianura, come il pino silvestre, il pino cembro, il larice, gli abeti, la betulla ed il faggio.

In questa pianura a boschi ed estesi acquitrini i primi abitanti del Veneto vivevano in tribù nomadi dedite alla caccia ed alla raccolta dei vegetali spontanei.

 


  Sui Colli Euganei sopravvissero elementi termofili

cisto a foglie di salvia
Studi pollinici condotti dall’Università di Padova mediante carotaggi profondi evidenziano come durante i vari periodi glaciali sopravvivessero comunque nei versanti soleggiati ed in quelli secchi ed assolati rispettivamente elementi termofili ed elementi xerofili per i quali i Colli funsero da ambiente di rifugio e poi di diffusione durante i successivi periodi interglaciali.

Gli elementi termofili che ebbero modo di conservarsi in “isole climatiche” e giungere fino a noi sono il leccio, il cisto, l’ipocisto, il terebinto, l’erica arborea.

Elementi americani ed elementi caucasici 

Negli interglaciali, accanto a querce, tigli, carpini e pini, sopravvissero anche piante del tardo Terziario dell’America centro-settentrionale come alcune specie di Taxodium, Zelkova, Liquidambar, Carya che poi scomparsero definitivamente.

Nella località Le Valli di Galzignano i carotaggi, profondi anche 50 metri, misero in luce pollini dell’interglaciale compreso tra Riss e Würm derivanti da boschi di querce con presenza di Zelkova, abete nordmanniana ed alcuni pini, che oggi formano foreste nelle pianure caucasiche (Colchide) e presso il Mar Nero e che scomparvero dai Colli Euganei dopo l’ultima glaciazione.

Dalla steppa al querceto misto 

CorsicaDurante l’acme glaciale wurmiano di 18.000 anni fa sui Colli Euganei la steppa dominò sul bosco e le piante termofile, come quercia, frassino, tiglio, carpino ed olmo si fecero più rare e confinate lungo le pendici umide e protette come nell’area del laghetto della Costa di Arquà. Anche in pianura prevalse la prateria a pino silvestre come specie arborea dominante.

A partire da 10.000 anni fa, all’inizio dell’Olocene, ultimo periodo del Quaternario, il clima diventò più mite e la foresta a latifoglie, nell’associazione del querceto misto, prevalse sulla steppa. Il Mare Adriatico avanzò fino quasi a livello dell’attuale linea del Po, i ghiacciai si ritirarono ed i fiumi, inizialmente copiosi per l’acqua di scioglimento dei ghiacciai, poterono incidere profondamente le vallate non più ingombre di ghiacciai accumulando e spostando rocce, ciottoli e depositi morenici fino in pianura. La vegetazione di clima freddo tornò ad occupare le montagne ed alcuni suoi elementi sopravvissero qua e là nei versanti ombrosi dei Colli Euganei: sono il faggio(Fagus silvatica ), l’epimedio alpino (Epimedium alpinum ), la <salvia vischiosa (Salvia glutinosa), il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), il giglio martagone (Lilium martagon ), il semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum).

(tratto da: Padova@lipu.ithttp://it.wikipedia.org )


 

 

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