Il Veneto: Bacini Idrografici

 

I principali Bacini Idrografici del Veneto sono:

  1. Tagliamento (solo ai confini)
  2.  Lemene
  3.  Livenza (solo in parte)
  4.  Piave
  5.  Sile
  6.  Bacino scolante nella laguna di Venezia
  7.  Brenta – Bacchiglione
  8.  Fissero – Tartaro – Canalbianco
  9.  Adige
  10. Po (solo ai confini e parte della foce)

 

Bacino idrografico – definizione 

Il bacino idrografico è definito come quella porzione di territorio il cui deflusso idrico superficiale viene convogliato verso una fissata sezione di un corso d’acqua che è definita sezione di chiusura del bacino. Il bacino idrografico così inteso può essere definito anche idro-erosivo in quanto i processi di modellazione della superficie terrestre che lo vengono a formare sono dovuti principalmente proprio all’azione erosiva delle acque che scorrono in superficie. Riferendosi alla sola raccolta delle acque di precipitazione si parla di bacino imbrifero.

altNel primo articolo delle “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” (Legge 18 maggio 1989, n. 183) si definisce così il bacino idrografico:

il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d’acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi d’acqua, esso si intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore“.

http://www.agr.unifi.it/materialedidattico/idringnat/rtcap1.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Geografia_del_Veneto

 

Bacini Idrografici del Veneto

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FIUMI PRINCIPALI DEL VENETO

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FONTE: http://www.arpa.veneto.it/acqua/htm/acque_interne.asp

 

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 2.  Bacino idrografico e fiume Lemene

 

Il fiume Lemene nasce nelle zone di risorgiva della pianura friulana occidentale, ad est di Casarsa, col nome di Roggia Versa.

Passato San Vito al Tagliamento, la Roggia Versa riceve le acque della Roiuzza e della Roggia di Gleris, assumendo così il nome di Lémene.

Successivamente le limpide acque scorrono fino a Portogruaro, dove riceve da destra la Roggia Versiola. Qui il fiume è scavalcato dal carattersitico Ponte di Sant’Andrea, nel punto in cui si trovano i due mulini quattrocenteschi simbolo della città.

In seguito il Lemene riceve da destra il fiume Reghena. Dopo aver attraversato Concordia Sagittaria il fiume Lemene assume un andamento più sinuoso e riceve da destra le acque del fiume Loncon.

Poco oltre, il Lemene confluisce nella Laguna di Caorle, le cui acque fluiscono nel Mar Adriatico tramite il canale Nicesolo.

Il Lemene, essendo quasi totalmente alimentato da perenni acque di risorgiva ha una portata molto costante. Ciò lo rende navigabile da Portogruaro sino alla foce nella Laguna di Caorle.

Il suo maggior tributario è il fiume Reghena. Considerevoli anche gli apporti ricevuti dal fiume Loncon, dalla Roggia Versiola e dalla Roggia di Gleris.

 

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 4.  Bacino Idrografico e fiume Piave

 

Il Piave nasce nelle Alpi Orientali e più precisamente nelle Alpi Carniche, alle pendici meridionali del Monte Peralba, nel comune di Sappada, in provincia di Belluno, a quota 2.037 m s.l.m.

La sua foce è nel Mar Adriatico, a nord-est di Venezia, presso il porto di Cortellazzo fra Eraclea e Jesolo. Sulla sinistra della foce è collocata la Laguna del Mort, enclave di acqua marina sorta nell’area di un braccio morto del fiume.

È il quinto fiume d’Italia per lunghezza fra quelli direttamente sfocianti in mare.

Il fiume è interamente contenuto entro i confini del Veneto. Attraversa il Comelico, il Cadore e la Valbelluna in Provincia di Belluno e la pianura veneta nelle province di Treviso e di Venezia toccando le cittadine di Valdobbiadene, Nervesa della Battaglia, Colfosco, Ponte della Priula, Ponte di Piave, San Donà di Piave, Musile di Piave, Eraclea e Jesolo.

Già pochi chilometri dopo la sorgente il Piave assume una notevole portata dovuta all’afflusso di numerosi torrenti, limitata in epoca recente dalla costruzione di bacini idroelettrici artificiali e da opere di canalizzazione agricola.

Dopo aver percorso i primi chilometri in direzione sud, all’altezza di Cima Sappada il fiume piega ad ovest, attraversando Sappada e successivamente ricevendo l’apporto di importanti torrenti quali il Piave di Visdende, il quale sorge a pochi metri dalle sorgenti del Piave ma scende lungo la Val Visdende.

Passata Sappada si inoltra in una profonda forra (l’orrido di Acquatona) e poi continua la sua corsa fino a Santo Stefano di Cadore, a valle del quale si incontra col Padola. Comincia qui un tratto che lo riporterà (dalla località di Cima Gogna, dove riceve l’Ansiei) a scorrere in direzione sud fino a Ponte nelle Alpi. In questo lungo tratto il fiume attraversa i territori dei comuni del Centro Cadore (Lozzo, Domegge, Calalzo e Pieve) formando il grande lago omonimo. A valle della diga, a Perarolo di Cadore, riceve le acque del Boite. Il fiume rimane in una valle complessivamente stretta percorsa dalla ferrovia che porta a Calalzo e dalla strada statale di Alemagna.

All’altezza di Castellavazzo sbuca nell’ampia Valbelluna e subito dopo, a Longarone, riceve da sinistra il Vajont e da destra il Maè che scende dalla valle di Zoldo. All’altezza di Soverzene (dove si trova una delle centrali idroelettriche più importanti d’Europa) il corso viene sbarrato e in parte deviato in canale che regimenta il lago di Santa Croce (altro bacino di interesse idroelettrico). In seguito, a Ponte nelle Alpi, piega in direzione sud-ovest, attraversa Belluno e a nord di Mel riceve le copiose acque del Cordevole.

Prosegue poi la sua corsa attraverso Busche (comune di Cesiomaggiore) e a valle del ponte-diga che forma il lago omonimo riceve le acque del Caorame. Qui esce dalla Valbelluna e si immette in una valle più stretta, lungo la quale riceve la Sonna, il corso d’acqua che attraversa Feltre. In questa parte il corso del fiume piega a sud-est e manterrà questa direzione fino a Cortellazzo, dove si getta nel mare Adriatico.

Tra Segusino e Pederobba esce dalla zona compresa tra le Alpi e le Prealpi, costeggia il Montello ed entra nella pianura veneta. L’unico affluente importante che riceve fuori dalla provincia di Belluno è il Soligo. Nel tratto pianeggiante il fiume perde molta della sua acqua a causa dei prelievi idrici e dell’infiltrazione (il letto può allargarsi fino a diversi chilometri).

Nell’ultimo tratto il Piave è come canalizzato, a seguito degli interventi dei veneziani che ne deviarono il corso a est per salvare la laguna, e giunge al Mare all’altezza di Cortellazzo. Il vecchio ramo del Piave esiste ancora oggi, giunge alla laguna di Venezia e si mescola con le acque del Sile.

Storia: noto per la turbolenza del suo corso, il Piave fino a tutta l’età romana sfociava in corrispondenza dell’estremità settentrionale dell’odierna laguna di Venezia, unendo le proprie acque a quelle del Brenta e del Sile e raggiungendo il mare attraverso l’odierno canale di San Felice in corrispondenza del porto di Lido.

In seguito alla spaventosa alluvione del 589, il fiume deviò verso nord il tratto finale del proprio corso, sfociando poco a sud di Jesolo, in corrispondenza dell’attuale foce del Sile, detta anche per l’appunto Piave Vecchia. Tale nuovo corso venne successivamente prima irregimentato dalla Repubblica di Venezia e quindi definitivamente deviato per allontanare i cospicui sedimenti trasportati dal fiume e dal vicino Sile dalle rotte navigabili da e per Venezia e per bonificare la circostante zona malarica.

Nel 1680, dunque, venne realizzato un taglio che spostò ancora più a nord la foce, lasciando il vecchio letto ad accogliere le acque del Sile. L’insufficiente arginamento del fiume causò tuttavia già pochi anni dopo l’allagamento delle campagne tra Bagaggiolo e Ca’ Tron, con la creazione di un vasto lago poi prosciugato in epoca successiva grazie alla creazione di nuovi argini.

 

Principali affluenti sono (D=destra, S=sinistra):

Padola (D)

Ansiei (D)

Boite (D)

Maè (D)

Terche (S)

Cordevole (D) – il più importante con un bacino imbrifero di 866.77 kmq

Ardo (D)

Cicogna (S)

Limana (S)

Ardo della Sinistra Piave (S)

Rimonta (S)

Soligo (S)

Sonna (D)

Caorame (D)

Piave Vecchia (S)

Revedoli (D)

Cavetta (S)

 

Lungo l’asta del fiume e dei suoi principali tributari vi sono numerose dighe che danno origine a laghi artificiali:

lago di Alleghe

lago del Ghirlo (a Cencenighe Agordino)

lago del Mis

lago di Misurina

lago di Santa Caterina (ad Auronzo di Cadore)

lago del Comelico

lago di Centro Cadore

lago del Vajont (non più utilizzato), tristemente famoso per l’omonimo disastro

lago di Vodo di Cadore

lago di Valle di Cadore

lago di Pontesei

lago della Stua

lago di Santa Croce sul Tesa

laghi di Revine Lago

 

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  5.  Bacino Idrografico e fiume  S i l e

 

Il Sile a Treviso. 

sile

« e dove Sile e Cagnan s’accompagna,

 tal signoreggia e va con la testa alta,

 che già per lui carpir si fa la ragna. »

 (Dante Alighieri, Paradiso IX, 49-51)

 

Il Sile è un fiume di risorgiva che nasce a Casacorba di Vedelago (TV), a circa 15 km da Treviso. Particolarmente caratteristiche sono le sue sorgenti risorgive, localmente detti fontanassi, situati al confine tra Casacorba e Levada di Piombino Dese (PD). Il più famoso è il Fontanasso dea Coa Longa, ufficialmente considerato come sorgente del fiume e segnalato dalla presenza di una grande quercia.

Scorre con una certa sinuosità da ovest verso est e, una volta bagnato Treviso, piega in direzione sud-est verso la Laguna Veneta.

Sfociava un tempo a Portegrandi di Quarto d’Altino ma nel 1683 la Serenissima ne deviò il corso tramite il canale Taglio del Sile che ne trasferisce le acque sul vecchio letto del Piave, a sua volta deviato più ad est (per cui l’ultimo tratto viene detto anche Piave Vecchia).

Sfocia infine sull’Adriatico andando a dividere il Lido di Jesolo dal Litorale del Cavallino (porto di Piave Vecchia).

A Portegrandi, comunque, il vecchio corso è ancora seguito da una diramazione detta Silone che dà accesso alla Laguna (il traffico nautico è regolato da chiuse). Il Silone procede tra le paludi ed è prolungato dal canale dei Borgognoni-canale di Burano, il quale conduce al canale di Treporti e, infine, al porto del Lido.

L’intero corso è protetto dal Parco naturale regionale del Fiume Sile.

Mulini : il Sile e alcuni suoi affluenti, per la loro portata costante, sono sempre stati ideali per l’insediamento di mulini. Ancora nel XIX secolo nella sola Treviso se ne contavano sessantuno. Attualmente nessun mulino sfrutta più le acque del fiume, ma molti sopravvivono come pregevoli esempi di archeologia industriale.

 

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 6.  Bacini idrografici scolanti nella Laguna di Venezia

 

laguna

La zona indicata come Area di Ricarica(AR) non scola superficialmente, ma alimenta tramite le falde sotterranee le risorgive dei corpi idrici settentrionali del Bacino Scolante. Area di Ricarica (AR) viene indicata anche la sottile zona di territorio compresa tra i fiumi Bacchiglione e Brenta prossima alla Laguna meridionale.

Inoltre le acque del bacino idrografico dell’Avenale (MN) si dividono presso il nodo idraulico di Castelfranco Veneto nei fiumi Dese (bacino idrografico N) e Marzenego (bacino idrografico M).

I bacini idrografici principali si suddividono a loro volta in 29 sottobacini.

 

I principali fiumi che fanno parte di questo bacino sono:

 

Dese

altIl Dese vicino alla foce.

E’ un fiume di risorgiva che nasce tra Resana e Castelfranco Veneto e attraversa, nell’ordine, le provincie di Treviso, Padova e Venezia. Dopo la confluenza dello Zero, si diparte una sua diramazione, il canale di Santa Maria, che lo mette in comunicazione col canale Siloncello e quindi col Silone.

Sfocia poco più avanti nella Laguna Veneta.

In laguna è prolungato dal canale Dese che termina nel canale Silone, a sua volta prolungazione del Sile.

Affluenti : Da sinistra: Rio Musoncello, Rio Bianco, Rio Storto, Rio San Martino, Rio Desolino, Scolo Pianton, Fossa Storta, Collettore Sotto Dese, Fiume Zero.

Da destra: Canale Osellino

Storia: è un diploma di Ottone I del 24 maggio 972 a menzionare per la prima volta il fiume, riportandolo come Diso. Altrove si ritrovano anche le forme Deso (1152), Dise e Desium. L’ipotesi etimologica più probabile fa derivare il toponimo dall’antico nome tedesco Teuzo .

Gli storici più antichi, come Jacopo Filiasi, identificano il Dese con l’Eridesium in cui, secondo il mito greco, sarebbe precipitato Fetonte. Ulteriori teorie suggeriscono un’origine preromana,probabilmente paleoveneta.

Servì per segnare confine tra la Repubblica di Venezia e il Sacro Romano Impero. La sua importanza crebbe durante il dominio della Serenissima che ne modificò il corso .

Mulini : l’importanza di questo corso d’acqua è testimoniata dai numerosissimi mulini che sono stati costruiti sin dal medioevo ed in particolare dopo la metà del Cinquecento sulle sue sponde.

Attualmente ne restano ancora undici:

• Mulino Zanini, località Zanganili di Piombino Dese

• Mulino Gumirato, località Silvelle di Trebaseleghe

• Mulino Zanini detto “Vecchio”, località Sant’Ambrogio di Trebaseleghe

• Mulino Todori, Scorzè

• Mulino Pamio ora Michieletto, Scorzè

• Mulino Bonotto, Scorzè

• Mulino Pavanetto ora Cosma, località Cappella di Scorzè

• Mulino Vidali detto “sopra Dese”, Martellago

• Mulino “delle Bambane” o “Orso Bianco”, Martellago

• Mulino Cagnin, località Tarù di Venezia

• Mulino Marcello, località Tarù di Venezia

• Mulino “Turbine”, località Marignana di Mogliano Veneto

 

Zero (fleuve).jpgLo Zero è un fiume di risorgiva del Veneto. Nasce tra San Marco e Campigo, non lontano da Castelfranco Veneto. Scorre attraverso la bassa provincia di Treviso (anche se un breve tratto iniziale è sotto quella di Padova) procedendo grossomodo in direzione sud-est; entra infine nella provincia di Venezia a Quarto d’Altino e si getta nel

Dese praticamente in corrispondenza della sua foce nella Laguna Veneta poco a sud-est della città romana di Altinum. Durante il suo corso, tocca gli abitati di Badoere, Zero Branco, Mogliano Veneto e Marcon. Tra i vari canali e fossi che si immettono, il principale è il rio Vernise, che affluisce da destra poco dopo il centro di Zero Branco.

Il nome, anticamente scritto Iarius, Iarus o Zayro, deriverebbe dal personale di un colono romano (Darius e simili) a cui erano affidate le terre circostanti. Originariamente sfociava nel Sile, ma dal 1532 il tratto finale fu modificato artificialmente, portando all’attuale situazione.

Mulini: lo sfruttamento delle sue acque permise la costruzione di numerosi mulini sin dal medioevo, alcuni dei quali funzionarono a pale sino agli anni sessanta del Novecento. La maggior parte di queste strutture furono aperte a partire dalla metà del XVI secolo quando, attraverso il canale artificiale di San Marco ed una rostra, fu aumentata la portata del fiume sottraendo grosse quantitativi d’acqua al Sile.

Sappiamo che nel 1678 erano funzionanti lungo il percorso dello Zero otto mulini, per un totale di diciassette ruote. I più antichi erano i mulini “Contarini” di Levada e “Tiveron” di Sant’Alberto, risalenti al Cinquecento. Quindi, scendendo verso la foce, si incontravano il mulino di Sant’Alberto (1667, sempre dei Contarini). Giunti a Zero Branco, si incontrava il mulino dei Grimani (seconda metà del XVII secolo, ricostruito nel 1727). Poi il mulino di Campocroce, il mulino del Terraglio a Mogliano (1663, appartenente al medico Francesco Brachi). A Marcon si trovavano invece il mulino dei Priuli, demolito nell’Ottocento, e il mulino Bonisiolo: già proprietà delle monache di Santa Caterina di Venezia, ha funzionato sino al 1970.

 

Marzenego

Panorama di Marzenego

Il mulino Ca’ Bianca sul Marzenego all’altezza di Trivignano

 

Il Marzenego (l’antico Marcenum o Flumen de Mestre) è un fiume del Veneto che scorre tra le province di Treviso, di Padova e di Venezia.

Nasce da una risorgiva in località Fratta di Resana, ma il suo bacino idrografico si estende sino alle colline di Asolo. Lungo il suo percorso bagna i comuni di Loreggia, Piombino Dese, Trebaseleghe, Massanzago, Noale, Salzano e Martellago. Il fiume entra quindi nel territorio di Venezia, attraversando Trivignano, dove vi confluisce il Rio Storto, e Mestre, dove riceve le acque del Rio Cimetto, biforcandosi a circondare la città antica, con due bracci detti ramo Beccherie (o di San Lorenzo, a nord) e il ramo Campana (o delle Muneghe, a sud, in gran parte tombinato).

Questi confluiscono poi nel canale artificiale Osellino che ne convoglia le acque nella laguna all’altezza di Tessera.

In antico, l’ultimo tratto era noto anche come flumen de Mestre o semplicemente Mestre e sfociava tra numerose anse in località Cavergnago (l’attuale Cavernaghi), alcuni chilometri più ad ovest dell’attuale foce. Qui si trovava pure un fiorente porto che garantiva il traffico di merci da e per Venezia. Nel 1502 la Serenissima, da sempre attenta al governo delle acque confluenti nella laguna, realizzò un canale artificiale (la Fossanuova, oggi Osellino) al fine di allontanarne le acque da Venezia, di aumentarne l’irreggimentazione e di migliorare la salubrità della zona. Nella stessa epoca istituì il Consorzio Idraulico Dese per la manutenzione della gronda dei fiumi Marzenego, Dese e Zero. A seguito di ciò, in sostituzione del porto di Cavergnago, fu scavato l’attuale Canal Salso per collegare Venezia a Mestre.

Si ipotizza che, ancora più anticamente, il Marzenego occupasse il letto dell’attuale canale di Cannaregio sfociando nell’ultimo tratto nel fiume Brenta (corrispondente al Canal Grande).

Draganziolo : il rio Draganziolo o Draganzolo è un fiume di risorgiva che nasce in provincia di Treviso tra gli abitati di Resana e Piombino Dese. Attraversa Piombino Dese, Trebaseleghe e le frazioni Cappelletta e Moniego di Noale, quindi si immette nel Marzenego poco prima di Robegano di Salzano.

Con l’approvazione della nuova Carta Ittica della provincia di Venezia, gran parte del fiume Draganziolo è stata protetta con un particolare regime di pesca che prevede tratti “No-Kill” per la salvaguardia del Luccio e tratti “No-Kill” integrale per tutte le specie autoctone presenti ed immesse dalla Provincia nel fiume.

Un tratto del fiume in Comune di Noale lambisce un’area umida, le cave della ex fornace Cavasin, protetta dal WWF con la recente istituzione di un’oasi naturalistica.

 

Musone o Muson
Nasce da sorgenti poste sui colli a nordest di Asolo (la principale si trova in comune di Maser). Dopo aver lambito Pagnano, giunge in pianura e a Spineda accoglie le acque del Lastego. Procede poi per Loria, Poggiana, Castello di Godego e Villarazzo. A Castelfranco Veneto le sue acque sono incanalate nel Muson dei Sassi.

 

Il Muson dei Sassi è un canale artificiale realizzato nel Seicento per deviare le acque del Musone nel Brenta. Il suo corso inizia da Castelfranco Veneto e procede, pressoché rettilineo, verso sud. Attraversa i comuni di Resana, Loreggia, Camposampiero, San Giorgio delle Pertiche, Borgoricco, Campodarsego, Cadoneghe e Vigodarzere. Sfocia nel Brenta tra Vigodarzere e Castagnara.

Storia : Il Musone era in origine un fiume molto lungo ed ebbe grande influenza sulle civiltà dei territori attraversati. Veniva infatti continuato da quello che oggi è il Muson Vecchio e da qui, attraverso gli attuali Cimetto e canal Salso, raggiungeva la Laguna Veneta. L’idronimo sembra derivare da mosa cioè “luogo pantanoso”, con evidente allusione ai ripetuti straripamenti.

Sin dai tempi antichi il Musone fu utilizzato come confine naturale. In epoca romana rappresentò il confine tra l’agro Patavino e l’agro Altinate. Nel Medioevo fu invece uno dei limiti della Marca Trevigiana, come peraltro risulta scritto nell’antico sigillo della città (Monti Musoni Ponto Dominorque Naoni).

Aveva inoltre una certa importanza come via commerciale: sembra che presso l’attuale Crea di Spinea si trovasse uno scalo fluviale.

Fu sfruttato anche per fini militari: nel 1370 Francesco da Carrara, signore di Padova, modificò gli argini in modo tale che, in caso di piena, l’acqua sommergesse il territorio di Noale, dove sorgeva un castello legato alla Serenissima. Numerosi furono inoltre i fortilizi difesi dalle acque del fiume (Stigliano, Mirano, Camposampiero).

Il 21 febbraio 1612 il Senato della Serenissima intraprese una serie di opere idrauliche al fine di deviarne le acque dalla Laguna al Brenta con la realizzazione del torrente Muson dei Sassi e la conseguente formazione del Muson Vecchio. I due corsi d’acqua si incrociano a Camposampiero mediante un ponte-canale.

 

 

Muson Vecchio

Muson bacino di sopra 1604.jpgL’appellativo Vecchio risale all’inizio del Seicento: è infatti ciò che resta del corso originale del Muson, radicalmente modificato in seguito alle opere idrauliche intraprese dalla Serenissima.

Attualmente è alimentato da quello che doveva essere un affluente che nasce in comune di San Martino di Lupari, attraversa il territorio di Loreggia e, a Camposampiero, incrocia il Muson dei Sassi tramite un ponte-canale. Prosegue dunque verso est sino a Mirano, dove le sue acque sono incanalate (dopo un salto di circa 3 metri tra i bacini di sopra e di sotto) verso il Naviglio del Brenta per mezzo del Taglio Nuovo o Canale di Mirano (11,76 km).

 

 

Tergola

14 Tergola.jpg Nasce dalle risorgive della palude di Onara, un’area naturalistica sita tra i comuni di Cittadella, San Giorgio in Bosco e Tombolo. Scorre grossomodo in direzione sudest, toccando gli abitati di Onara, Sant’Anna Morosina, Villa del Conte, Santa Giustina in Colle, San Giorgio delle Pertiche (dove incrocia il Muson dei Sassi tramite un ponte-canale), Bronzola e Sant’Andrea, dove si divide in due rami che si ricongiungono tra Pionca e Peraga. Dopo Vigonza, le acque scorrono in un alveo artificiale (scolo Veraro) che sfocia nel Naviglio del Brenta presso Stra.

Secondo l’Olivieri, l’idronimo deriverebbe dal latino turbidus “torbido”. Il primo riferimento scritto emerge in un documento dell’839 (Tercola).

 

 

Lusore

Lo scolo Lusore è un corso d’acqua che nasce nei pressi di Borgoricco, in provincia di Padova, e prosegue in direzione sud-est toccando Campocroce, Scaltenigo, Marano Veneziano, Borbiago e Oriago.

Sfocia infine nella Laguna Veneta presso Porto Marghera.

 

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 7.  Bacino idrografico Fissero – Tartaro – Canalbianco  

 

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Il fiume Tartaro a San Zeno in Valle, comune di Villa Bartolomea (VR)

 

Il bacino idrografico del sistema Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è ufficialmente chiamato “bacino del Fissero-Tartaro-Canalbianco” o, più raramente, “bacino del Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante”.

Il fiume Adige ha il suo ultimo tributo di destra in Val d’Adige, con i piccoli affluenti montebaldini; il Po ha il suo ultimo apporto in sinistra con il fiume Mincio; il bacino del Fissero-Tartaro-Canalbianco si colloca quindi tra questi due corsi d’acqua e comprende tutti i territori della bassa veronese, della mantovana orientale e dell’alto, medio e porzione nord del basso Polesine, facendo da gronda del territorio compreso tra l’Adige e il Po.

Le risorgive o fontanili del Tartaro sono localizzate sul confine dei comuni di Villafranca di Verona e Povegliano Veronese, comune con 44 risorgive censite. Il territorio a sud delle risorgive iniziali è ricco di polle che fanno parte del bacino idrografico del fiume Tartaro. Fra quelle più a nord vanno citate le sorgenti Liona e la risorgiva Giona.

Nella parte sud del suo percorso nella provincia di Verona raccoglie acque di risorgiva di tutti i comuni della parte sud ovest della provincia stessa.

Lunghezza:147 km

Bacino idrografico:2.885 km²

Altitudine sorgente:47 m s.l.m.

Nasce:Povegliano Veronese

Affluentidel Tartaro: Tione dei Monti, Tione, Fissero e Scolo delle paludi di Ostiglia.

Affluenti del Canalbianco: Tregnon, Menago, Bussè, Fossa Maestra, Valdentro, Ramostorto, Adigetto, Cavo Maestro Bacino Superiore e  Collettore Padano Polesano. 

Sfocia: Mare Adriatico presso Porto Levante

 

Fiume Tartaro-Canalbianco-Po di Levante

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Il Tartaro presso Gazzo Veronese

Il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è uno dei pochi fiumi italiani che nasce in pianura da risorgive assieme ai suoi affluenti. Il tratto iniziale, della lunghezza 52 km, è naturale e prende il nome di “Tartaro”. Esso è connesso, a monte, attraverso il nodo idraulico di Governolo, al sistema dei laghi di Mantova. Si estende tra le sorgenti e la conca di Torretta Veneta. Da tale località entra in provincia di Rovigo che attraversa longitudinalmente per la sua intera lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un canale artificiale che prende il nome di “Canalbianco” o canal “Bianco” fino alla conca di Volta Grimana ed è lungo 78 km. Il tratto finale è stato ricavato da un antico ramo deltizio del fiume Po e prende infatti il nome di “Po di Levante”. Esso ha una lunghezza fino alla foce di 17 km.

Il fiume è navigabile per 113 km, dalla confluenza del canale Fissero, con il quale costituisce l’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco o “Mantova-mare”, fino alla foce in Adriatico. Si collega inoltre alla linea navigabile “Po-Brondolo” che dalla laguna di Chioggia permette di raggiungere Venezia. Sbocca nel mare Adriatico in località Porto Levante del comune di Porto Viro, all’altezza dell’isola di Albarella.

Può essere definito il nuovo sbocco a mare commerciale e diportistico della provincia di Rovigo; sul Po di Levante sorgerà nei prossimi anni il porto di Cà Cappello.

Storia : al tempo dell’Impero Romano il Tartaro scorreva grossomodo in quello che oggi è l’alveo dell’Adigetto. Il tratto terminale del fiume era chiamato Filistina ed era un canale artificiale, scavato presumibilmente dagli Etruschi, che sfociava presso Pellestrina; la Filistina era connessa sia con l’impianto di bonifica idraulica, anche questo di probabile origine etrusca, che drenava le Paludi Adriane, sia col fiume Po, del quale era uno dei sette rami dell’antico delta.

Dopo il dissesto causato dalla rotta della Cucca del 589, l’Adige rimase disalveato per secoli, trasformando quello che oggi è il basso Polesine in acquitrini e paludi; il Tartaro, tramite la Filistina, finì anch’esso per alimentare questi acquitrini.

A partire dal IX secolo intorno alle sue rive nacquero i primi nuclei abitati di Badia, Lendinara, Villanova, Rovigo e Villadose. In una bolla di papa Giovanni X del 920 il fiume, presso il quale il vescovo di Adria Paolo Cattaneo fonderà il castrum di Rovigo, è ancora chiamato sia Tartaro che Filistina. In seguito alla rotta del Pinzone (l’attuale Badia Polesine) intorno al 950 l’Adige deviò nuovamente il proprio corso e si riversò nell’alveo che fino a quel momento era stata la Filistina, cancellandole il nome; le acque del Tartaro, rifiutate dal nuovo corso dell’Adige, presero a scorrere in un paleoalveo del Mincio, che corrispondeva a un altro antico ramo del delta (il Po di Adria) al quale presumibilmente erano rimaste connesse fin dalla rotta della Cucca. Il drenaggio insufficiente del nuovo corso finì per causare l’impaludamento della zona conosciuta come Valli Grandi Veronesi e di altre zone dell’alto e medio Polesine.

Il Tartaro divenne un affluente del Po in seguito alla rotta di Ficarolo del 1152; all’altezza di Ariano il nuovo corso, chiamato Po di Ficarolo, si divise in due rami: il Po di Ariano (ora Po di Goro) verso sud e il Po di Fornaci verso nord. Alla confluenza col Tartaro, il Po di Fornaci si divise, nei secoli successivi, in altri tre rami, uno dei quali era il Po di Levante.

 

Istoria

In questa cartina del 1603 il Canale Castagnaro è segnato da Castagnaro fino alla confluenza nel Po; il Tartaro ne è considerato un affluente.

In seguito alle rotte del 1434-1438 si generò un diversivo dell’Adige chiamato Castagnaro, che si riversò nel Tartaro all’altezza di Canda, cambiandone radicalmente la portata al punto che, fino alla fine del XV secolo, il tratto da Canda al Po venne considerato la prosecuzione del Castagnaro e il Tartaro venne considerato un suo affluente.

All’inizio del XVI secolo si progettò e si mise in opera la regolazione del Castagnaro, che a causa delle torbide dell’Adige era diventato pensile ed esondava frequentemente; le acque dell’Adige erano molto più chiare rispetto a quelle del Tartaro e le popolazioni, sorprese dal cambiamento, iniziarono a chiamare “canal Bianco” il tratto così regolato, a partire dalla confluenza col Castagnaro.

In seguito al taglio di Porto Viro, operato dalla Repubblica di Venezia nel 1604 a monte della confluenza, il ramo abbandonato del Po di Levante diventò il tratto finale del fiume. Ancora oggi, tramite la conca di Volta Grimana, il corso d’acqua rimane collegato al Po senza però riceverne le acque.

Nel 1838 il diversivo del Castagnaro venne definitivamente chiuso e il Canalbianco diventò lo scolo esclusivo delle acque del Tartaro. Nel corso del XX secolo gran parte del corso a più riprese è stato sistemato e parzialmente deviato per renderlo navigabile. I lavori di armamento della foce si sono conclusi nell’anno 2000.

 

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 9.  Bacino idrografico Adige

 

adige1sorgente dell’Adige

 

Complessivamente il bacino idrografico dell’Adige è di 12.200 km² (che lo rendono il terzo per ampiezza dopo il Po e il Tevere): di questi ben 7.200 sono in Alto Adige, nel cui territorio scorre per 140 km (oltre 1/3 del suo percorso complessivo), mentre i restanti sono suddivisi tra Trentino e Provincia di Verona.

I suoi principali affluenti sono:

•    il Rio Ram (Rambach) presso Glorenza (BZ),

•    il Passirio (Passer) presso Merano (BZ),

•    l’Isarco (Eisack) presso Bolzano  (BZ),

•    il Noce presso Zambana (TN),

•    l’Avisio presso Lavis (TN),

•    il Fersina presso Trento (TN),

•    il Leno presso Rovereto (TN)

 

 

Il fiume  Adige 

adige2L’Adige a Verona

 

L’Adige scorre nelle Regioni Trentino-Alto Adige  e  Veneto. Nasce presso il Passo Resia (1.550 m s.l.m ) nell’alta Val Venosta  in Alto Adige e sfocia nel Mar Adriatico presso Cavanella d’Adige (Chioggia).

È per lunghezza – circa 410 km – il secondo fiume italiano dopo il Po, il 3º per ampiezza di bacino dopo Po e Tevere e in assoluto il 4º per volume d’acque dopo Po, Ticino e Tevere con 235 m3/s di portata media annua presso la foce. 

Attraversa le città di Trento, Verona, Legnago, Cavarzere, Chioggia.  La valle in cui scorre assume vari nomi: Val Venosta tra la sorgente e Merano, Val d’Adige tra Merano e Rovereto, Vallagarina tra Rovereto e Verona, e quindi Val Padana tra Verona e la foce.

 

Storia : Il fiume è stato protagonista di alcune devastanti alluvioni. Già in epoca romana la sua idrografia subì una variazione: Plinio il Vecchio; non cita più il Po di Adria perché l’Adige aveva subito una rotta ed era confluito nella Filistina e in altri due canali, chiamati il Fossone e la Carbonaria (Po di Goro).

Successivamente, la rotta della Cucca, la catastrofica alluvione del VI secolo (589, secondo le cronache di Paolo Diacono), provocò morte e distruzione a Verona e nelle campagne.

Si ha notizia di altri fenomeni di questo tipo in passato: tra i più recenti e gravi ricordiamo le inondazioni del 1882, del 1966 e del 1981.

Nel settembre 1882 il fiume ruppe gli argini in 9 punti tra Bolzano e San Michele all’Adige, e inondò la parte nord della città di Trento; la piena provocò anche una alluvione a Verona e una alluvione in Polesine. Proprio per salvare la città di Verona da possibili inondazioni, nella prima metà del XX secolo fu costruito un tunnel che congiunge l’Adige in località Mori con il lago di Garda e che è in grado di convogliare le acque in eccesso dal fiume al lago.

A causa della notevole differenza di temperatura e qualità delle acque, si fece ricorso al travaso delle acque molto raramente, soltanto se strettamente necessario. Il tunnel fu usato infatti soltanto due volte, in occasione delle piene del 1966 e del 2000.

Nel novembre 1966 la città di Trento conobbe la più grande alluvione che la storia ricordi: buona parte della città e circa 5000 ettari di campagna furono sommersi da circa due metri d’acqua. Nell’agosto del 1981 gli argini cedettero nei pressi di Salorno che fu sommersa assieme alle campagne circostanti.