Arbusti
|ARBUSTO – definizione
Un arbusto è un vegetale simile all’albero, i cui rami si separano dal tronco centrale molto vicino al terreno, o il cui tronco non è presente del tutto. È detto anche frutice.
Con il termine arbusto s’intende, quindi, una pianta legnosa la cui altezza non supera in genere i 5 metri, che mantiene in modo perenne una parte della vegetazione legnosa durante tutto l’anno. Tra le forme biologiche quella che gli si addice è fanerofita, ossia pianta le cui gemme svernanti sono poste oltre i 30 cm dal suolo.
Arbusti comuni sono le rose, il biancospino, il viburno, il sambuco, ecc.
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1 – Acero minore – Acer monspessulanum
Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Sapindales |
Famiglia: |
Aceraceae |
Genere: |
Acer |
A. monspessulanum |
L’Acero minore (Acer monspessulanum L.), noto anche come acero trilobo, cestuccio, acero spino, è una specie diffusa nelle aree submontane dei paesi del Mediterraneo.
Morfologia
Il portamento è quello di un arbusto o di un alberello di dimensioni modeste. Raggiunge in genere i 5-6 metri, meno frequentemente può arrivare a poco più di 10 metri d’altezza. Il fusto ha una corteccia bruna e la chioma è tondeggiante.
Le foglie sono opposte e semplici, con lamina trilobata lunga 4-6 cm e margine intero, di consistenza coriacea, pubescenti sulla pagina inferiore.
I fiori sono piccoli e giallastri, riuniti in corimbi ascellari, pendenti in piena fioritura.
Il frutto è una disamara con ali poco divaricate, quasi parallele.
Distribuzione e habitat
L’acero minore è una specie tipicamente mediterranea, termomesofila, resistente alla siccità. Vegeta nei boschi termomesofili di latifoglie.
Il suo areale di vegetazione comprende l’Europa meridionale, il Nordafrica e l’Asia occidentale. In Italia vegeta prevalentemente nella sottozona calda del Castanetum in tutta la penisola, nelle isole, in Liguria. Nell’Italia settentrionale è presente solo nei versanti meridionali della fascia pedemontana in Lombardia e Veneto. Nelle aree più calde è una specie presente nelle stazioni più fresche, tipicamente associato alla roverella nella foresta mediterranea decidua.
Sporadicamente può trovarsi come essenza minore nella foresta mediterranea sempreverde.
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2 – Bianco spino – Crataegus monogyna
Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Sottoclasse: |
Rosidae |
Ordine: |
Rosales |
Famiglia: |
Rosaceae |
Sottofamiglia: |
Maloideae |
Genere: |
Crataegus |
Specie: |
C. monogyna |
Il biancospino comune (Crataegus monogyna Jacq., 1775) è un arbusto o un piccolo albero molto ramificato e dotato di spine, appartenente allafamiglia delle Rosaceae.
Morfologia
Portamento
La pianta può raggiungere altezze comprese tra i 50 centimetri ed i 6 metri. Il fusto è ricoperto da una corteccia compatta e di colore grigio. Irami giovani sono dotati di spine che si sviluppano alla base dei rametti brevi.
Foglie
Le foglie sono lunghe 2-4 centimetri, dotate di picciolo, di forma romboidale ed incise profondamente. L’apice dei lobi è dentellato.
Fiori
I fiori sono raggruppati in corimbi, che ne contengono circa 5-25. I petali sono di colore bianco-rosato e lunghi 5 o 6 millimetri.
Frutti
I frutti sono ovali, rossi a maturazione e con un nocciolo che contiene il seme. La fioritura avviene tipicamente tra aprile e maggio, mentre i frutti maturano fra novembre e dicembre. I frutti del biancospino sono edibili, ma solitamente non vengono mangiati freschi, bensì lavorati per ottenere marmellate, gelatine o sciroppi.
Distribuzione e habitat
Si trova in Europa, Nord Africa, Asia occidentale e America settentrionale. Il suo habitat naturale è rappresentato dalle aree di boscaglia e tra icespugli, in terreni prevalentemente calcarei. Vegeta a quote comprese tra 0 e 1.500 metri.
Usi
Il legno, denso e pesante, è un apprezzato combustibile.
Nomi regionali
Abruzzo |
ciapràgne (Teramo) |
Calabria |
spinapùlici, spinapuliciàru |
Emilia-Romagna |
cagapoi, zaresól |
Liguria |
boecco |
Sardegna |
calabriche, calavrighe, calavrigu |
Sicilia |
spinapusci |
Veneto |
perussolèr |
Un tempo, in diverse regioni italiane, veniva utilizzato come essenza costituente delle siepi interpoderali, cioè per delimitare i confini degli appezzamenti. In ragione delle spine e del fitto intreccio dei rami la siepe di biancospino costituiva una barriera pressoché impenetrabile. Attualmente l’esigenza di non rendere difficoltosa la circolazione dei mezzi agricoli meccanici ha determinato la quasi totale scomparsa delle siepi di biancospino aventi quella funzione.
Tratto da http://www.agraria.org/
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Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Euphorbiales |
Famiglia: |
Buxaceae |
Genere: |
Buxus |
Buxus – genere delle Buxaceae, arbusto cespuglioso sempreverde, ramoso compatto con fusto rami e legno giallastro, pianta moderatamente velenosa, foglie generalmente opposte picciolate o sessili, ellissoidali, coriacee di colore verde più o meno scuro e lucente, fiori monoici piccoli sessili, i frutti sono capsule coriacee con pochi semi oblunghi. Si trova spontaneo in luoghi rocciosi, aridi anche calcarei, in Europa, Asia e Africa.
Alcune specie coltivate
Le specie maggiormente coltivate in Italia come piante ornamentali sono la Buxus sempervirens e le sue numerose varietà, pianta arbustiva alta oltre 3 metri, utilizzata per siepi, bordure, alberelli e in vaso per decorare gli appartamenti; e la Buxus balearica frequente nei parchi e giardini, con foglie più grandi della precedente lunghe fino a 4 cm, bislunghe di colore verde chiaro e fiori profumati, specie spontanea in Sardegna.
Coltivazione
Richiedono terreno asciutto e sassoso, senza ristagni d’acqua, si moltiplica facilmente con la semina, o nelle varietà per via agamica con la divisione dei cespi o le talee, la regolare potatura deve essere prevista per dare la forma voluta alla pianta, soprattutto nei giardini all’italiana.
Utilizzazione
Come pianta ornamentale nei giardini per fitte siepi o nelle varietà nane per basse bordure, in vaso come alberelli dalla forma obbligata per decorare appartamenti e terrazzi; quasi indispensabile nei giardini all’italiana con varie fogge ottenute con l’arte topiaria.
Il legno di bosso di colore giallastro è molto pregiato e di facile lavorabilità, viene utilizzato per lavori di ebanisteria, intaglio, costruzione di strumenti musicali, nel modellismo navale.
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Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Sottoclasse: |
Dilleniidae |
Ordine: |
Ericales |
Famiglia: |
Ericaceae |
Genere: |
Calluna |
Specie: |
C. vulgaris |
Il brugo (Calluna vulgaris (L.) Hull, 1808) è una pianta della famiglia delle Ericacee, unica specie del genere Calluna.
Si tratta di un piccolo arbusto perenne che cresce fino ad un’altezza di 20-50 cm (raramente fino a 1-1,5 m).
Il genere Calluna si distingue dal genere affine Erica per la corolla e il calice divisi in quattro parti (tetramero e non pentamero come l’Erica). Spesso comunque viene confusa con le specie di questo genere: infatti la nostra pianta a volte è chiamata anche falsa erica o impropriamente erica selvatica o ancora più impropriamente erica.
Sinonimi
Essendo una pianta conosciuta fin dall’antichità nei vari testi può presentarsi con nomi scientifici diversi oggi considerati sinonimi:
- Calluna alpestris Gandoger (1884);
- Calluna atlantica Seemen (1866);
- Calluna beleziana Rouy (1895);
- Calluna brumalis Gandoger (1884);
- Calluna erica DC.;
- Calluna olbiensis Albert (1883);
- Calluna oviformis Gandoger (1875);
- Calluna pyrenaica Gandoger (1884);
- Calluna sagittifolia Gray (1821);
- Calluna sancta Gandoger (1884).
Variabilità
Ne esistono diverse varietà (secondo alcuni autori alcune di queste varianti non sono altro che sinonimi):
- C. vulgaris var. pubescens W.D.J.Koch
- C. vulgaris var. hirsuta (Gray) Rouy (1821): specie nana, compatta con foglie grigio-verdi e fiori porpora
- C..vulgaris var. condensata Lamotte (1881)
- C. vulgaris var. alba (Weston) G.Don (1926): con doppi fiori bianchi
Specie simili
- Erica carnea L. – Erica carnicina o scopina: i fiori sono molto simili (stesso colore) ma sono pentameri; il calice inoltre è lungo la metà della corolla che è più lunga della nostra pianta. Anche le foglie sono più lunghe (4-13 mm). Frequentano lo stesso habitat.
Etimologia
Il nome generico Calluna deriva dalla parola greca ?a????? (kallýno), verbo che vuol dire “abbellisco, pulisco”: infatti anticamente il brugo veniva usato per fare scope. Il nome specifico vulgaris deriva dall’aggettivo latino che significa “comune”, “conosciuto da tutti”.
In botanica la denominazione Calluna è stata introdotta nel 1802 ad opera dell’inglese Richard Anthony Salisbury (2 maggio 1761 – 1829)
In Francia questa pianta viene chiamata bruyere commune mentre gli inglesi la chiamano ling, common ling o anche heather; per i tedeschi invece è Heidekraut. In Polonia viene chiamatawrzos, da cui deriva il nome del mese di settembre – wrzesien – quando il brugo fiorisce.
Morfologia
L’aspetto della pianta è suffruticoso e cespitoso, appartiene infatti alla forma biologica camefita fruticosa di tipo Nano-fanerofite (Ch frut/NP).
Radici
Radice micorrizata.
Fusto
Il fusto è legnoso, tenace, glabro ad andamento prostrato, molto ramificato e intrecciato per cui a volte la copertura del terreno circostante da parte della nostra pianta è compatta e densa.
Foglie
Le foglie sono aghiformi sempreverdi (non caduche), opposte e alterne a coppia (ossia ogni coppia si presenta in posizione alterna rispetto alla precedente), densamente embricate in 4 file longitudinali a sezione triangolare e di forma lanceolato-squamiformi. Sonosessili e alla base presentano due piccole orecchiette. Dimensioni: lunghezza 2-3 mm; larghezza 0,7 mm.
Infiorescenza
L’infiorescenza è un racemo apicale unilaterale ( i vari fiori sono tutti rivolti dallo stesso lato). Sempre in posizione apicale insieme ai fiori sono presenti alcune foglie (tipo brattee). La spiga florale è lunga dai 20 ai 30 cm.
Frutti
Il frutto è una capsula tetraloculare (a 4 loculi) contenente piccoli semi ovoidi (uno per ogni loculo).
Distribuzione e habitat
Il geoelemento della nostra pianta è Circumbor.-Euroameric (anfiatlantico). Quindi è comune in Europa, in Siberia occidentale, in Asia minore e in America settentrionale nelle zone fredde e temperato fredde di questi continenti con buone precipitazioni e periodi estivi ristretti.
In Italia è comune nelle zone centrosettentrionali, raro nell’Appennino centrale, assente al sud e isole. In particolare è comune nel paesaggio delle brughiere ai piedi delle Prealpi lombarde, o nella zona delle baragge vercellesi. Verso Viareggio scende fin quasi al mare.
Cresce in terreni acidi ben drenati, in pieno sole o parzialmente in ombra, nei boschi di conifere e torbiere. È una componente comune dell’habitat delle lande, delle brughiere e dei cespuglietti in genere.
Diffusione altitudinale: da 0 a 2500 m s.l.m..Ecologia
Il brugo tollera il pascolo moderato ed è in grado di ricrescere in seguito ad incendi occasionali. È una fonte di nutrimento importante per diversi animali come pecore o cervi, che possono nutrirsi degli apici delle piante quando la neve copre la vegetazione bassa. Le pernici si nutrono di giovani germogli e di semi. Sia l’adulto che la larva del coleottero Lochmaea suturalis se ne nutrono e possono provocare la morte delle piante. Anche le larve di numerose specie di lepidotteri si nutrono sul brugo.
Usi
Può essere usata come condimento, oppure (dalle foglie) si ricava del tè.
In certe zone d’Italia (poche) con il brugo si produce del miele uniflorale molto scuro. All’estero tale produzione è più consistente (Europa settentrionale, America settentrionale e Nuova Zelanda). Il miele prodotto dal brugo è tissotropico: ossia normalmente si presenta sotto forma di gel, ma se sottoposto ad agitazione si fluidifica; torna gelatinoso se lasciato a riposo.Industria
L’industria dalla pianta ricava tannino e coloranti. Inoltre l’artigianato utilizza i fusti legnosi e flessibili per la preparazione di scope.
Coltivazione
Il brugo è una pianta ornamentale comunemente coltivata nei giardini e a scopo paesaggistico.
Ci sono diverse cultivar selezionate per il colore dei fiori e del fogliame, e per il loro portamento. Le cultivar hanno fiori di colori diversi che variano dal bianco al rosa e ad una vasta gamma di violetti, comprendendo i rossi. La stagione di fioritura per le diverse cultivar va dalla fine di luglio fino a novembre nell’emisfero settentrionale. Al termine della fioritura i fiori diventano marroni, ma rimangono sulle piante per tutto l’inverno.
Le cultivar con fogliame ornamentale vengono solitamente selezionate per le foglie dai colori rossastri o dorati. Alcune forme possono essere grigie argentee. Molte delle forme con fogliame ornamentale cambiano colore con l’arrivo del clima invernale, di solito aumentando l’intensità del colore. Altre forme vengono coltivate per il loro fogliame primaverile.
Note e curiosità
Il brugo è stato introdotto in Nuova Zelanda ed è diventato infestante in alcune aree, ad esempio nel Tongariro National Park, dove la pianta si riproduce in modo smisurato. Per fermare la propagazione del brugo, è stata introdotta la Lochmaea suturalis; i primi tentativi hanno avuto parziale successo.
Il brugo è uno dei fiori nazionali della Scozia, il secondo dopo il cardo. È anche il fiore nazionale della Norvegia.
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Generalità
Il Corniolo (Cornus mas L.) appartiene alla Famiglia delle Cornaceae.
Specie originaria dell’Europa meridionale fino al mar Nero.
In Italia manca soltanto nelle isole.
Alberello alto dai due ai sei metri (eccezionalmente fino a 8 m), con la vecchia scorza grigio giallastra che si stacca in piccole scaglie ocracee o bruno ruggine soprattutto alla base del fusto.
Le foglie sono lunghe 4-10 cm, opposte, picciolate, ovali ed ellettiche acuminate in cima, decidue, con nervature convergenti verso la punta.
I fiori precedono la fogliazione, sono gialli e molto piccoli e raggiungono le dimensioni di 4-5 mm. Sono a sepali separati, riuniti in ombrelle sessili circondate da 4 brattee in croce. Frutti (drupe) rosso vivo, che diventano piu’ scuri a maturazione, lunghi quasi 2 cm.
Varietà e portinnesti
In Italia ci sono diverse cultivar: “Golden Glory”, “Variegata”, “Aurea” ed “Elegant”.
Tecnica colturale
Cresce in terreni sassosi, soprattutto su fondo calcareo, specie in collina. Pianta molto longeva.
Usi
Adatti ad essere consumati freschi. Per produrre bevande, liquori, dolci, gelatine, salse, marmellate e in ricette gastronomiche. Si conservano sotto alcol (come le ciliegie) e in salamoia (come le olive).
In cosmesi la polpa viene usata come astringente per pelli grasse o seborroiche.
Il legno si presta per realizzare oggetti di tornitura.
Come pianta ornamentale in parchi e giardini, per le foglie brillanti e la miriade di fiori gialli a schiusura molto precoce. I frutti sono molto ricercati dalla fauna selvatica.
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6 – Crespino – Berberis vulgaris
Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Ranunculales |
Famiglia: |
Berberidaceae |
Genere: |
Berberis |
Specie: |
B. vulgaris |
Il crespino (Berberis vulgaris) è una pianta appartenente alla famiglia delle Berberidaceae.
Caratteristiche
È un albero alto da uno a tre metri con grosse radici scure all’esterno e gialle all’interno; la pianta presenta molti rami spinosi. Le foglie sono ellittiche, si restringono alla base in un corto picciolo e arrotondate all’apice; la superficie è larga e lucida, il margine è dentellato. Le foglie sono alterne sui rami lunghi oppure sono riunite in fascetti su dei rametti molto corti, alla base di ognuno dei quali è presente una spina composta da tre a sette aculei pungenti Il frutto è una bacca lunga 1 cm, rossa e persistente sulla pianta, che contiene da due a tre semi dal guscio corneo.
Habitat
Cresce nelle zone aride montane, ai margini dei boschi, nelle siepi, nei pascoli fra i 100 e i 2000 m.
Uso in cucina
In autunno i frutti maturi vengono usati per preparare marmellate e sciroppi dal sapore acido.
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7 – Frangola – Frangula alnus Mill (=Rhamnus frangula L., F. vulgaris Borkh., F. pentaphylla Gilib.).
Frangola comune, Alno nero, Putine.
Morfologia:
Arbusto alto da 1 a 4 m, eretto, con radici affastellate e chioma solitamente non molto densa; rami fragili, rossicci, eretti, a disposizione alterna inseriti ad angolo acuto; corteccia che con facilità si distacca, di color grigiastro con sfumature rosse, specialmente se umida, provvista di numerose lenticelle biancastre allungate orizzontalmente, legno tenero, color avorio-verdastro, con odore non gradevole di rapa al taglio fresco.
Gemme ad inserzione spiralata, non protette da squame, ma provviste di tomento chiaro.
Foglie color verde intenso lucido superiormente, leggermente più chiaro ed opaco inferiormente, alterne, con picciolo rossastro di circa 1 cm, lunghe 4-6 cm, larghe 3-4 cm, provviste di stipole caduche, a lamina obovata o subrotonda, talora acuta, spesso anche rotondata o smarginata all’apice, a margine intero e un po’ ondulato; nervature secondarie pennate ed arcuate, che non raggiungono il margine e sono ben evidenti nella pagina inferiore.
Fiori in cime ascellari, portati su sottili e corti peduncoli a gruppi di 2-10; calice piccolo (3-4 mm), formato da 5 elementi petaloidi cuneiformi (con i veri petali interni più corti dei sepali), da verdi a bianchi fino al rosa all’estremità, 5 stami e 1 pistillo a stilo brevissimo.
I frutti sono piccole drupe globose, fino a 8 mm di diametro, variabili in colore dal verde al rosso fino al nero bluastro a maturità.
Distribuzione – habitat – fioritura:
specie caspico-pontico-europea, che si spinge a nord fino alla Scandinavia meridionale ad est sino agli Urali e a sud fino all’Anatolia ed a tutte e tre le penisole mediterranee. In Italia è presente in tutto il settentrione, sul versante tirrenico dalla Versilia all’Agro Pontino e sull’Appennino tosco-marchigiano. Specie indifferente alla matrice ed alla natura del terreno, seppure piuttosto diffusa, non è molto comune e si adatta sia a suoli idromorfi sia a suoli abbastanza aridi e talvolta pietrosi, sempre però carenti di azoto; vegeta dalla pianura fino a 1300 m di altezza. L’antesi inizia a primavera e si prolunga scalarmente fino alla prima parte dell’estate, come pure la maturazione dei frutti, che spesso convivono con i fiori, anche sullo stesso ramo.
Etimologia:
dal latino “frangere”= spezzare, con riferimento alla fragilità dei rami della specie; secondo altri ci si riferisce alle proprietà ‘dirompenti’ della drastica azione lassativa. Il nome specifico è un chiaro richiamo all’ontano, le cui foglie somigliano molto a quelle di questa specie
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8 – Fusaggine o berretta da prete – Euonymus atropurpureus Jacq.
Divisione: |
Spermatofite |
Sottodivisione: |
Angiosperme |
Classe: |
Dicotiledoni |
Ordine: |
Celastrales |
Famiglia: |
Celastraceae |
Descrizione
Arbusto di grandi dimensioni, od un piccolo albero, va dai 2 ai 4 metri in altezza, corteccia liscia, verdastra. Fusti quadrangolari con ramificazioni verdi o biancastre a seconda dell’habitat e delle varietà;
foglie opposte, corti piccioli, lanceolate, finemente dentate, blu-verdastre sotto, caduche, in autunno giallo-rossastre o rosse.
I fiori, dai 3 ai 7, in false ombrelle su peduncoli sottili che si dipartono dalle ascelle fogliari, piccoli, a cinque petali, violacei con i margini riflessi.
I semi consistono in piccole capsule rossastre.
Habitat
Europa, Canada e Stati Uniti (stati centrali e orientali); nei boschi, lungo le siepi, vicino ai corsi d’acqua fino alle regioni submontane.
http://www.naturopatiaederboristeria.com
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9 – Ginepro comune – Juniperus communis L
Classificazione scientifica |
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Dominio: |
Eukaryota |
Regno: |
Plantae |
Sottoregno: |
Tracheobionta |
Superdivisione: |
Spermatophyta |
Divisione: |
Pinophyta |
Classe: |
Pinopsida |
Ordine: |
Pinales |
Famiglia: |
Cupressaceae |
Juniperus |
Juniperus (Ginepro) – genere delle Cupressaceae, comprende specie arboree e arbustive, tra cui molte spontanee della flora italiana e adatte alla selvicoltura.
Morfologia
- Juniperus communis L. noto come Ginepro comune è un arbusto ramoso o alberetto sempreverde, alto da 1 a 10 m, con foglie lineari-aghiformi, pungenti, riunite in verticilli di 3. La pianta è dioica con piccole infiorescenze, quelle maschili sono piccoli coni ovoidali di colore giallastro, quelle femminili sono piccoli coni di colore verdastro. I semi maturano nell’autunno successivo all’impollinazione e sono racchiusi in una pseudobacca di colore brunastro chiamata galbulo; squamosa e pruinosa, è composta da 4 squame carnose saldate tra loro contenenti da 1 a 3 semi angolosi ricchi di un olio essenziale aromatico. È un arbusto comune in luoghi aridi, incolti o boschivi fino ad altezze di 2.500 m s.l.m., con alcune sottospecie adattate alle alte quote, dalle caratteristiche bacche aromatiche di colore blu.
- Juniperus sabina L., chiamato volgarmente Ginepro sabina o più semplicemente Sabina, è un arbusto cespuglioso prostrato o alberetto alto da 1 a 5 m, con corteccia bruno-rossiccia, foglie squamiformi, embricate, in alcuni casi aghiformi, di colore verde-cupo. I fiori sono insignificanti, unisessuali su piante diverse (monoiche), quelli maschili riuniti in piccoli amenti, quelli femminili portati su piccoli peduncoli ricurvi. I frutti, chiamati coccole, sono bacche globoso-ovali, pendule, nerastro-violacee a maturità, contenenti piccoli semi ovali. È una pianta velenosa diffusa in luoghi soleggiati e scoscesi delle zone montane dove viene coltivata spesso per il consolidamento del terreno e come pianta ornamentale.
- Tra le specie coltivate nell’arboricoltura da legno troviamo il Juniperus virginiana noto col nome di Cedro della Virginia e originario dell’America nord-orientale. È un albero alto fino a 30 m, con foglie glauche in parte aghiformi, sottili, lunghe circa 1 cm, e in parte squamiformi non più lunghe di 2 mm. Porta bacche ovoidali pruinose ed erette.
- Tra le specie ornamentali citiamo inoltre il Juniperus rigida Sieb. & Zucc., specie rustica originaria del Giappone e della Corea. È un albero sempreverde alto 6-9 m con ramificazioni slanciate, ad effetto ricadente, con le foglie aghiformi e rigide, riunite in gruppi di 3, di colore verde-giallastro, argentante al rovescio. I frutti sono coni globosi, di colore nerastro e ricoperti da pruina.
Metodi di coltivazione
La coltivazione del ginepro richiede clima temperato, dalle frequenti precipitazioni estive, esposizione in pieno sole o mezz’ombra, e suolo ricco ma sabbioso o carsico.
Si moltiplica con la semina o per talea di nuovi getti in primavera.
Curiosità
Uno studio effettuato dall’Università di Camerino ha approfondito una particolarità delle piante di ginepro (Juniperus communis e Juniperus oxycedrus), cioè la loro capacità di promuovere la formazione di biogruppi.
I biogruppi sono un particolare tipo di nucleo di rigenerazione: si tratta di aggregazioni costituite da alcune specie di alberi e cespugli di età diversa; di regola, uno degli alberi è più vecchio degli altri e si trova al centro di questa aggregazione, superando per altezza gli altri componenti e assumendo un ruolo di promotore.
In particolare, i biogruppi di ginepro racchiudono all’interno varie specie legnose e erbacee che permettono di promuovere la successione secondaria del territorio.
Usi
Le numerose varietà, con foglie di colore verde-azzurro dal gradevole odore di essenza resinosa, vengono coltivate per decorare parchi, ampi giardini e boschetti di conifere.
- In arboricoltura da legno, vengono coltivate per la produzione di legname principalmente le seguenti specie:
- Juniperus phoenicea L. noto come Ginepro licio o Cedro liscio o ancora Sabina marittima,
- Juniperus oxycedrus L. noto come Ginepro rosso o Appeggi,
- Juniperus virginiana L. noto come Ginepro di Virginia o Cedro rosso della Virginia.
- In selvicoltura,
- per il consolidamento di litoranei sabbiosi si utilizza per la sua resistenza alla salsedine il Juniperus macrocarpa S. & S. conosciuto col nome volgare di Ginepro coccolone;
- per il rimboschimento delle zone montuose e aride si utilizza invece il Juniperus communis L. noto come Ginepro comune.
- Il legno di ginepro, di colore rosso e dal tipico odore resinoso, viene impiegato per lavori di intaglio e per suffumigi contro i dolori reumatici; il ginepro della Virginia fornisce il legno per matite di ottima qualità.
- Le bacche di ginepro si usano anzitutto nelle arti culinarie come spezie per piatti di selvaggina e per i crauti, nonché per la fabbricazione di superalcolici quali gin, grappa di ginepro, la gineprata e il Kranewitter (prodotto tradizionale altoatesino).
- Dalle sue bacche, o coccole, si estrae per distillazione un olio essenziale chiamato essenza di ginepro. Il residuo della distillazione trattato con acqua e concentrato sotto vuoto produce un liquido sciropposo chiamato estratto di ginepro.
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10 – Ginestra dei carbonai – Cytisus scoparius
Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Sottoclasse: |
Rosidae |
Ordine: |
Fabales |
Famiglia: |
Fabaceae |
Sottofamiglia: |
Faboideae |
Tribù: |
Genisteae |
Genere: |
Cytisus |
Specie: |
C. scoparius |
La ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius (L.), 1822) o scannabecco è una pianta della famiglia delle papilionacee (fabacee).
Morfologia
Arbusto da 60 cm a 2,4 m. Fusto verde, eretto, angoloso, striato longitudinalmente, duro, con ramificazioni diritte, flessibili; foglie decidue, stipolate e piccole, picciolate, trifogliate, quelle superiori sessili, semplici; fiori profumati, ermafroditi, giallo-oro, grandi, calice glabro a 2 labbra corte, corolla papilionacea, stendardo lungo, carena pendula, 10 stami diadelfi; legume appiattito, nero, peloso ai bordi, contenente una dozzina di semi lucidi e marroni.
Distribuzione e habitat
Presente nelle isole britanniche, in Europa continentale e naturalizzata in America settentrionale, Sud Africa e in alcune regioni asiatiche. Preferisce terreni silicei o comunque decalcificati, nelle radure, luoghi a mezz’ombra e boschi di collina. In Italia è specie comune nelle aree a clima sub-oceanico del Nord Ovest e delle regioni centrali del versante occidentale, meno frequente lungo il versante adriatico, naturalizzata inVeneto e avventizia effimera in Friuli-Venezia Giulia. Al Nord, in Toscana e nell’alto Lazio è presente dal piano basale a quello montano inferiore (0–1000 m, raramente fino a 1400) al Sud la sua presenza tende ad essere circoscritta ai rilievi (600–1500 m).
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Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Lamiales |
Famiglia: |
Oleaceae |
Genere: |
Ligustrum |
Ligustrum è un genere di piante arbustive della famiglia delle Oleacee.
Descrizione
Le sue dimensioni vanno da pochi decimetri a circa 4/5 metri. La corteccia è verdastra e liscia. I fiori, bianchi e profumati, si riuniscono in infiorescenze a pannocchia terminale. Da questi si formano delle bacche nere, lucide e velenose.
Specie
Diverse specie vengono coltivate come piante ornamentali e in particolare vengon utilizzate in giardini come completamento di siepi. La maggior parte di queste specie è originaria del Giappone o della Repubblica popolare cinese.
In Europa è spontanea la specie Ligustrum vulgare L. mentre è naturalizzato, comunemente in molte aree, il Ligustrum lucidum W. T. Aiton.
Ligustrum vulgare
Altre specie non spontanee:
- L. delavayanum
- L. ibota
- L. japonicum
- L. obtusifolium
- L. ovalifolium
- L. sinense
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12 – Luppolo – Humulus lupulus
Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Urticales |
Famiglia: |
Cannabaceae |
Genere: |
Humulus |
Specie: |
H. lupulus |
Il luppolo (Humulus lupulus, L. 1753) è una pianta a fiore (Angiosperma) appartenente, come la canapa (Cannabis Sp.), alla famiglia delleCannabaceae; ordine delle Urticali.
Morfologia
Pianta perenne, con rizoma ramificato dal quale si estendono esili fusti rampicanti che possono raggiungere i 7 metri d’altezza.
Le foglie sono cuoriformi, picciolate, opposte, munite di 3-5 lobi seghettati. La parte superiore si presenta ruvida al tatto, la parte inferiore è invece resinosa.
Essendo una specie dioica, i fiori, unisessuali e di colore verdognolo, sono presenti su individui separati.
I fiori maschili (o staminiferi) sono riuniti in pannocchie pendule e ciascuno presenta 5 tepali fusi alla base e 5 stami; i fiori femminili (o pistilliferi) presentano un cono membranoso che circonda un ovario munito di 2 lunghi stimmi pelosi. Si trovano raggruppati alle ascelle di brattee fogliacee, costituendo un’infiorescenzadalla caratteristica ed inconfondibile forma a cono.
La fioritura avviene in estate. L’impollinazione è anemofila (trasporto per mezzo del vento) e in settembre-ottobre, con la maturazione dei semi, le brattee assumono una consistenza cartacea che aumenta la dimensione del cono.
I frutti sono degli acheni di colore grigio-cenere.
Le infiorescenze femminili sono ricche di ghiandole resinose secernenti una sostanza giallastra e dal sapore amaro, composta da a-acidi(luppolina, umulone e lupulone), e da polifenoli (es. flobafeni, xantumolo) e numerosi oli essenziali, che vengono utilizzati per aromatizzare e conferire alla birra il suo gusto caratteristico.
Habitat
Il luppolo predilige ambienti freschi e terreni fertili e ben lavorati. Cresce spontaneamente sulle rive dei corsi d’acqua, lungo le siepi, ai margini dei boschi, dalla pianura fino ad un’altitudine di 1.200 metri se il clima non è troppo ventoso ed umido. La sua presenza è molto comune nell’Italia settentrionale. La coltivazione del luppolo in Italia fu introdotta, a partire dal 1847, dall’agronomo Gaetano Pasqui di Forlì, che promosse anche una fabbrica di birra in attività già dagli anni ’60 dell’Ottocento.
Usi
Birra
Il luppolo viene usato soprattutto nel processo produttivo della birra, dove assume l’ importantissimo ruolo di conferire la caratteristica più comune alla birra, ovvero il sapore amaro, oltre all’aroma, molto accentuato nelle Pilsner, dove viene utilizzato soprattutto il tipo Saaz di provenienza boema. Prima del luppolo venivano utilizzate altre piante e spezie per bilanciare il dolce del malto. L’uso del luppolo funge anche da conservante naturale della birra in quanto possiede proprietà antibatteriche, per questo motivo certi tipi di birra (per esempio India Pale Ale) venivano abbondantemente luppolati per migliorarne la conservazione. L’uso del luppolo infine aiuta a coagulare le proteine in sospensione nella birra rendendola più limpida (chiarificazione), inoltre aiuta nella tenuta della schiuma.
Mazzetto di cime di luppolo selvatico
Cucina
In cucina i getti apicali della pianta di luppolo selvatico (aspargina in Lombardia, ,löertis A Brescia e a Bergamo,urtis a Lodi, luartis a Mantova eCremona, luvertìn in Piemonte, lavertìn in Monferrato, luperi in Umbria, bruscàndolo o vidixóne in Veneto, bruscandoi a Trento, vartìs in Emilia-Romagna, bruscandolo a Trieste, urtizon in Friuli, bertüçi nella Val di Vara, viticedda nel Cilento”, tavarini nella valle Caudina), vengono raccolti in primavera (marzo-maggio) e utilizzati come il più comune asparago (a volte erroneamente chiamati “asparago selvatico”). Da notare come, a differenza della maggior parte dei germogli utilizzati per uso culinario, i getti di luppolo selvatico siano più gustosi quanto più sono grossi. Si possono anche raccogliere gli ultimi 20 cm di pianta e far lessare per 5-10 minuti, condire con olio, sale e limone; oppure farli saltare qualche minuto con cipolla e servirli con riso integrale. Gustosi anche in risotti, frittate e minestre.
Non vanno confusi con i rami fioriferi di altre piante solo a prima vista simili, quali l’Ornithogalum o Latte di gallina, un genere che conta molte specie assai tossiche. Tra queste, l’Ornithogalum pyrenaicum, è invece commestibile ed apprezzato.
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13 – Nocciolo – Corylus avellana L.
Generalità
Pianta originaria dell’Asia Minore. In Italia è diffuso in tutte le regioni, dalla pianura fino 1300 m di altitudine
L’Italia e’ uno tra i principali produttori mondiali. Le regioni dove assume maggiore importanza sono la Sicilia, la Campania, il Lazio, il Piemonte e la Liguria.
Appartiene alla Famiglia delle Betulaceae, genere Corylus, comprendente numerose specie tra cui Corylus avellana L., C. maxima Mill., C. chinensis Franch., C. sieboldiana Bl., C. colurna L. Il nocciolo comune coltivato in Italia presenta un gran numero di varieta’, alcune delle quali sono degli ibridi tra Corylus avellana L. e C. maxima Mill.
Portamento a cespuglio, pollonifero, alto in genere 2-4 m (max 7 metri). Il fusto è sottile e slanciato. I giovani rami recano peli corti, in parte ghiandolari. La corteccia è di colore marrone grigio, precocemente glabra, con solcature longitudinali e sparse lenticelle chiare. Le radici sono superficiali;
le foglie alterne rotondo-ovali con picciolo lungo. La pagina superiore è verde poco pelosa; la pagina inferiore è più chiara; le nervature sono evidenti. Pianta monoica con fiori riuniti in infiorescenze unisessuali che si sviluppano
molto prima delle foglie.
Gli amenti maschili sono riuniti in gruppi di 2-4 all’estremità oppure all’ascella delle foglie dei rami dell’anno precedente, i fiori maschili sprovvisti dell’involucro, hanno quattro stami.
Il frutto è un diclesio (nocciola e involucro), il cui pericarpio legnoso contiene un seme dolce e oleoso (nocciola).
Varietà
Varietà fra le più diffuse ricordiamo:
- “Tonda di Giffoni”: diffusa in Campania; ha frutto medio con buona resa in sgusciato e di ottima qualità. Impollinatori: Mortarella, Camponica, Riccia di Talanico;
- “Tonda Romana”: diffusa nella zona di Viterbo; frutto medio-grosso, di buona resa in sgusciato, di ottime caratteristiche organolettiche. Impollinatori: Nocchione;
- “Tonda Gentile delle Langhe”: tipica del Piemonte, molto pregiata per le eccellenti caratteristiche organolettiche ma poco adattabile a condizioni diverse dalla zona di diffusione. Impollinatori: Camponica.
Produzioni
La produzione di nocciole e’ molto variabile oscillando da 1-2 q.li/ha di prodotto secco con guscio, in condizioni vegetative scadenti, a 5-15 q.li/ha in coltura specializzata e fino a 16-18 q.li/ha e oltre. La raccolta viene effettuata in agosto-settembre.
Ricordiamo inoltre che il nocciolo e’ una delle piante predilette dal tartufo bianco (Tuber Magnatum) e dal tartufo nero di Norcia (Tuber melanosporum).
Avversità
Il nocciolo va soggetto a numerose avversità causate da batteri, virus, funghi, acari ed insetti.
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14 – Orniello – Fraxinus ornus
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Il Fraxinus ornus è una pianta della famiglia delle Oleaceae, (conosciuto come Orniello o Orno e chiamato volgarmente anche frassino da manna o albero della manna nelle zone di produzione della manna) è un albero o arbusto di 4-8 metri di altezza, spesso ridotto a cespuglio.
Distribuzione
È diffuso nell’Europa meridionale e nell’Asia minore. Il limite settentrionale della specie è l’arco alpino e la valle del Danubio mentre il limite orientale è la Siria e l’Anatolia.
In Italia è comunissimo in tutta la penisola, dalla fascia prealpina del Carso, fino ai laghi lombardi; penetra nelle valli principali fino al cuore delle Alpi risalendo le pendici montane fin verso i 600-700 m di altitudine.
Nella pianura padana è quasi assente, torna a popolare gli Appennini settentrionali e centrali, in particolare sulla costa adriatica. Specie piuttosto termofila e xerofila preferisce le zone di pendio alle vallette ombrose e fresche. In Sicilia si spinge fino ai 1400 m di altitudine. Nelle regioni occidentali diviene progressivamente rara, fino a formare tipi localizzati, di cui non è sicura però la distinzione. Abita preferibilmente boscaglie degradate nell’area submediterranea.
Morfologia
Ha tronco eretto leggermente tortuoso con rami opposti ascendenti con corteccia liscia grigiastra, opaca, gemme rossicce tomentose, la chioma ampia è formata da foglie caduche opposte,imparipennate, con 5-9 segmenti (più spesso 7), di cui i laterali misurano 5-10 cm, si presentano ellittici o lanceolati brevemente picciolate larghi un terzo della loro lunghezza. Il segmento centrale, invece, si presenta largo circa la metà della sua lunghezza ed è obovato; la faccia superiore è di un bel colore verde, mentre quella inferiore è più chiara e pelosa lungo le nervature. Le infiorescenze sono a forma di pannocchie, generalmente apicali e ascellari; i fiori generalmente ermafroditi e profumati, con un breve pedicello possiedono un calice campanulato con quattro lacinie lanceolate e diseguali di colore verde-giallognolo, la corolla con petali bianchi leggermente sfumati di rosa lineari di 5-6 mm di lunghezza. Il frutto è una ‘samara’ oblunga cuneata alla base ampiamente alata all’apice lunga 2-3 cm con un unico seme compresso di circa un centimetro.
Coltivazione
L’orniello è una specie interessante per la silvicoltura, in quanto può essere considerata una specie pioniera, resistendo a condizioni climatiche difficili, adatta quindi al rimboschimento di terreni aridi e siccitosi. Viene coltivato in Sicilia e Calabria per la produzione della manna, in Toscana nei vigneti viene frequentemente utilizzata come sostegno ai filari di vite. Si moltiplica facilmente con la semina.
Avversità
- Cantaride – adulti di Lytta vescicatoria attaccano le foglie divorando solo il lembo e lasciando intatte le nervature.
- Ciono – le larve di Cionus fraxini rodono le gemme e le foglie lasciando intatta solo l’epidermide superiore che ben presto imbrunisce e dissecca, gli adulti attaccano in primavera le giovani gemme.
- Ilesino – gli adulti di Lepersinus fraxini scavano gallerie nella corteccia che appare perforata in più punti screpolandosi, col tempo si forma una fitta rete di piccole gallerie che indeboliscono la parte di pianta attaccata.
- Tentrenide le larve di Tomostethus melanopygus divorano le foglie lasciando intatte le sole nervature con grave defogliazione della chioma.
- Carie del legno – i funghi Fomes ignarius e F. fomentarius attaccano il legno profondamente con perdita di consistenza e assunzione di un aspetto spugnoso biancastro per la distruzione della lignina, i corpi fruttiferi dei parassiti sono visibili all’esterno dei tronchi attaccati e sono a forma di mensola o zoccolo; stesso tipo di danno causa la Schizophthora omnivora con corpi fruttiferi a forma di orecchiette grigiastre.
- Marciumedelle piantine – il fungo Phytophthora omnivoracolpisce le giovani piantine nei semenzai con lesioni necrotiche del colletto.
- Oidio o Mal bianco – i funghi Microsphaera alni e Phyllactinia sufflata attaccano le foglie ed i giovani rametti verdi, provocando chiazze biancastre polverulenti a consistenza feltrosa che nel tempo imbruniscono disseccando le parti colpite.
Usi
-
- Nella silvicoltura per il rimboschimento di suoli poveri, aridi, calcarei o argillosi.
- Come pianta ornamentale in parchi e giardini di grandi dimensioni, anche su terreni secchi e poco profondi.
- Come pianta officinale e medicinale.
- Per l’estrazione di tannini dalla corteccia.
- Utilizzando le foglie come foraggio per il bestiame, in zone povere di pascoli.
- Per la produzione di legname; il legno di orniello ha il durame bruno chiaro, con anelli ben distinti e provvisti di grossi vasi nella zona primaverile, è elastico e resistente, facilmente lavorabile viene utilizzato industrialmente per la produzione di mobilio, per attrezzi vari, per lavori al tornio e come ottimo combustibile.
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15 – Pallone di maggio –Viburnum
Classificazione scientifica |
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Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Dipsacales |
Famiglia: |
Caprifoliaceae |
Genere: |
Viburnum |
Viburnum è un genere di piante della famiglia delle Caprifoliaceae (Adoxaceae secondo la classificazione APG), originario dell’Europa,America e Asia.
Descrizione
Sono alberi alti fino a 10 m ed arbusti che possono raggiungere i 5 m di altezza, a fogliame caduco o persistente, hanno il fogliame molto decorativo e una caratteristica e abbondante fioritura, con fiori solitamente di colore bianco, profumati e riuniti in corimbi o cime ombrelliformi, cui segue in autunno una vistosa fruttificazione.
Alcune specie
Tra le specie spolianti, coltivate come piante ornamentali, ricordiamo:
- Il Viburnum opulus arbusto alto fino a 6 m, noto col nome di Oppiono, Palla di neve o Pallone di maggio, con rami lisci di colore grigio, foglie profondamente trilobate con margine seghettato, di colore verde superiormente più chiare inferiormente, spontaneo in Italia, con numerose varietà, (tra le quali citiamo il V. opulus var. americanum), che a maggio porta grosse infiorescenze pendule di fiori bianchi, all’estremità dei rami, i frutti sono drupe riunite in grappoli terminali di colore arancio-rossastre, edibili e succose che portano un solo seme
- Il Viburnum lantana arbusto, con foglie opposte, ovali, fiori odorosi, campanulati di colore bianco, riuniti in cime emisferiche, i frutti sono drupe ovali, rosso-nerastre a maturità, spontaneo nei nostri boschi, alto fino a 5 m, chiamato volgarmente Viburno lantana
- Il Viburnum carlesii originario della Corea e del Giappone, arbusto deciduo, alto fino a 2 m, con foglie ellittiche ovate, con larghe infiorescenze primaverili
- Il Viburnum dentatum arbusto alto fino a 4,50 m, originario del Nord America, foglie ovate, di colore verde scuro, fiori di colore bianco riuniti in infiorescenze a fine primavera, frutti di colore nero-bluastro
- Il Viburnum dilatatum arbusto deciduo, originario del Giappone alto 2-3 m, foglie ovate, di colore grigio-verde, fioritura a fine primavera di infiorescenze con fiori di colore bianco, frutti di colore rosso
- Il Viburnum lentago arbusto o piccolo albero di 4,5-9 m, originario del Nord America, con rami di colore grigio-brunastro, foglie di colore verde scuro brillante, finemente seghettate, infiorescenze primaverili dai minuscoli fiorellini bianchi, i frutti sono drupe ovali di colore rosso
- Il Viburnum macrocephalum originario della Cina con cime globose simili a quelle dell’ortensia
- Viburnum nudum var. cassinoides arbusto alto 1,5-3,5 m, originario del Nord America, foglie ellittiche, ovate, di colore verde scuro, infiorescenze primaverili-estive di fiori bianchi, frutti eduli di colore nero-bluastro
- Il Viburnum plicatum arbusto alto fino a 4 m, originario di Cina e Giappone, con fitte infiorescenze dai fiori di colore bianco o rosa
- Il Viburnum prunifolium noto come Viburno americano, albero, grande arbusto di 3.6-5 m di altezza o albero alto fino a 7,50 m, di origine nordamericana, ha rami lisci e di colore marrone-scuro, foglie opposte, ellittiche, serrate di colore verde opaco, con margini finemente seghettati, fiori bianchi non profumati riuniti in grappoli terminali in aprile-maggio, i frutti sono drupe ellittiche, di colore rosa e nero-bluastro a maturità, edibili.
Tra le specie sempreverdi citiamo:
- Il Viburnum odoratissimum arbusto sempreverde, originario di Cina e Giappone, alto fino a 7.5 -9 m, dai fiori profumati che si aprono a maggio.
- Il Viburnum tinus spontaneo nella zona mediterranea e Sudest Europa, chiamato volgarmente Viburno tino, Laurotino o Lentaggine, arbusto sempreverde, alto oltre i 3 m, con foglie di colore verde-scuro, ovali e arrotondate, consistenti, fiori bianchi con boccioli rosa, che in alcune zone sbocciano dall’autunno al pieno inverno
Tra le specie ibride da giardino citiamo:
- Il Viburnum carlcephalum arbusto grande che fiorisce in primavera.
Uso
Come pianta ornamentale nei parchi e giardini, come macchie isolate, boschetti o coltivato in vaso sui terrazzi.
Il decotto di foglie viene utilizzato come lozione per scurire i capelli
Metodi di coltivazione
Richiede posizione soleggiata o a mezzo-sole, terreno acido fresco
Si moltiplica con la semina, per mezzo di talea, per margotta e in alcune specie e varietà esotiche per innesto-
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16 – Pero corvino – Amelanchier rotundifolia – Rosaceae
Generalità: arbusto caduco da fiore e da frutto originario dell’Europa meridionale e del continente americano di dimensioni raramente superiori ai tre metri.
Presenta foglie verde opaco, ovali, alterne, dentellate, appena spuntate sono ricoperte da una fine peluria biancastra, e solitamente sono rosate.
Il tronco è sottile, spesso multiplo, e la corteccia è liscia e scura.
All’inizio della primavera produce densi grappoli di fiori bianchi, molto profumati, che sbocciano per un periodo molto breve, soprattutto se il clima è particolarmente caldo, comparendo prima delle foglie; la fioritura è solitamente molto vistosa e decorativa.
In estate produce delle piccole bacche, commestibili, che a maturità divengono rosse o anche purpuree; al loro interno sono contenuti 4-5 semi. In autunno le foglie dell’amelanchier regalano una splendida vista tingendosi di rosso-arancione.
Esposizione: gradisce particolarmente le posizioni molto soleggiate, che favoriscono la fioritura e la produzione di frutti, ma cresce bene anche in zone semiombreggiate; non si sviluppa molto bene in piena ombra. Sono arbusti molto rustici, e non temono assolutamente il freddo, sopravvivendo senza problemi anche agli inverni più rigidi.
Terreno e annaffiature: gli amelanchier non hanno grandi necessità per quanto riguarda il terreno, sempre che sia molto ben drenato, infatti temono molto gli eccessi di acqua e i ristagni idrici; è quindi preferibile interrarlo in terriccio universale mescolato a materiale a grana grossa, come pietra pomice o perlite. Non necessita di grandi quantità di fertilizzante, anche se è importante interrare alla base dell’albero una buona quantità di concime organico, in autunno e in primavera.
Moltiplicazione: può avvenire per seme, utilizzando i semi freschi estratti dai frutti maturi in tarda estate, vanno seminati in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali e mantenuti in luogo fresco e non troppo secco per alcuni mesi, solitamente germinano alla fine dell’inverno. Non sempre questo metodo è consigliato, poiché non è detto che le piante figlie siano identiche alla pianta madre; per mantenere in modo migliore le caratteristiche della pianta da moltiplicare è opportuno utilizzare dei polloni basali, che solitamente crescono in gran quantità, vanno fatti radicare in vaso, con un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali. Si utilizza questo metodo quando si vuole propagare un esemplare con fioritura particolarmente abbondante o frutti molto grandi.
Parassiti e malattie: questo arbusto non è molto delicato, però capita che venga colpito da muffa grigia o dall’oidio; a volte viene attaccato da afidi e cocciniglia. In ogni caso difficilmente queste avversità causano problemi gravi alle piante di almeno 2-3 anni.
Varietà:
- alnifolia:originario dell’america del Nord, con frutti piccoli e fioritura appariscente;
- stolonifera ha frutti particolarmente grandi e dolci. A. asiatica è l’unica specie originaria del continente asiatico. A. oblongifolia,originario del Canada.
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17 – Prugnolo – Prunus spinosa
Classificazione scientifica |
|
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Rosales |
Famiglia: |
Rosaceae |
Genere: |
Prunus |
Specie: |
P. spinosa |
Il prugnolo selvatico (Prunus spinosa L.) è un arbusto a foglia caduca della famiglia delle Rosaceae.
Morfologia
Frutti del prugno spinoso
È alto fino a 4 metri
I fiori sono bianchi, con frutti tondi di colore blu; le foglie sono obovate, alterne e seghettate.
La fioritura avviene in genere tra marzo e aprile, mentre la maturazione dei frutti tra settembre e ottobre.
Habitat
È una pianta spinosa spontanea dell’Europa, Asia, e Africa settentrionale; cresce ai margini dei boschi e dei sentieri.
Usi
I frutti del prugno spinoso sono utilizzati in alcuni paesi per produrre bevande alcoliche (in Inghilterra lo sloe gin, in Navarra, Spagna, ilpatxaràn, in Francia la prunelle, in Giappone l’ umeshu ed in Italia la prunella il “prospino” e il bargnolino).
La corteccia della pianta era utilizzata in passato per colorare di rosso la lana
Come erba medicinale il prugno spinoso è usato come purgante, diuretico e depurativo del sangue.
I principi attivi contenuti nei fiori sono cumarine, flavone e glucosidi dell’acido cianidrico; i frutti contengono vitamina C, tannino e acidi organici.
Il legno, come quello di molti alberi da frutto, è un apprezzato combustibile.
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18 – Pungitopo – Ruscus aculeatus
Classificazione scientifica |
|
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Liliopsida |
Ordine: |
Asparagales |
Famiglia: |
Ruscaceae |
Genere: |
Ruscus |
Specie: |
R. aculeatus |
Il Pungitopo (Ruscus aculeatus L.) è un basso arbusto sempreverde con tipiche bacche rosse, appartenente alla famiglia delle Ruscaceae.
Caratteristiche
Il pungitopo, o pugnitopo, nome volgare del Ruscus aculeatus, comune nella macchia mediterranea, è una pianta cespugliosa sempreverde alta dai 30 agli 80 cm, provvisto di cladodi, fusti trasformati che hanno assunto la funzione delle foglie, divenendo ovali, appiattiti e rigidi, con estremità pungenti.
Poco sopra la base dei cladodi, in primavera, si schiudono i minuscoli fiori verdastri, e quindi i frutti, che maturano in inverno, e che sono vistose bacche scarlatte grosse come ciliegie.
È specie indicatrice di mediterraneità, costituendo una delle componenti del sottobosco delle pinete e delle leccete.
Usi
Il pungitopo viene coltivato come pianta ornamentale, soprattutto come decorazione durante le feste natalizie.
I germogli di pungitopo, dal gusto amarognolo, talora noti come “asparagi selvatici”, raccolti da marzo a maggio, vengono utilizzati in cucina a mo’ di asparagi, lessati per insalate, minestre e frittate.
Altre curiosità
I semi, opportunamente tostati, venivano un tempo impiegati come sostituti del caffè.
Il nome fa riferimento al fatto che anticamente veniva messo attorno alle provviste, per salvaguardarle dai topi. Con l’espressione “pungitopo maggiore” si intende comunemente l’agrifoglio.
Nomi regionali
Calabria |
sparacàra, rusculàra |
Campania |
fruscarelli, spinapuci |
Emilia-Romagna |
zìgasòrg (romagnolo) |
Friuli-Venezia Giulia |
ruscli, russul |
Liguria |
rûspo |
Lombardia |
spungiaratt |
Molise |
tànn da fescar, bruscarn (basso Molise) |
Puglia |
strazzagatte (Bari) |
Sardegna |
piscialettu, frusciu, mela e fruschiu |
Sicilia |
spinapuci, rusculo |
Veneto |
spineràt, ponzirato, rust, brusco |
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19 – Rosa canina – Rosa canina
Classificazione scientifica |
|
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Rosales |
Famiglia: |
Rosaceae |
Genere: |
Rosa |
Specie: |
R. canina |
La rosa canina (Rosa canina L.) è la specie di rosa spontanea più comune in Italia, molto frequente nelle siepi e ai margini dei boschi.
Morfologia
È un arbusto spinoso, alto 100 – 200 cm. Ha fusti legnosi glabri, con spine (rosse) robuste, arcuate, a base allungata, compresse. Le foglie sono composte da 5-7 foglioline ovali o ellittiche con margini dentati (denti semplici).
I fiori, rosati hanno grandi petali e sono poco profumati. Fiorisce nei mesi di maggio e giugno.
I suoi frutti carnosi e colorati in modo vivace (cinorroidi) raggiungono la maturazione nel tardo autunno.
Distribuzione
La specie è diffusa in una vasta area nelle zone temperate del Vecchio Mondo che include:
- l’Africa del Nord e le isole Canarie e Madera;
- l’Asia occidentale (Afghanistan, Iran, Irak, Israele, Libano, Siria), la regione del Caucaso e
- l’Asia centrale (Tajikistan);
- il sub-continente indiano;
- L’Europa, dal Mediterraneo alla Scandinavia.
- È stata introdotta e si è naturalizzata anche in America del Nord ed in Australia e Nuova Zelanda.
Storia
Questa pianta deve il nome canina a Plinio il vecchio, che affermava che un soldato romano fu guarito dalla rabbia con un decotto di radici.
È l’antenata delle rose coltivate.
Usi
Viene largamente usata per i suoi contenuti di vitamina C e per il suo contenuto di bioflavonoidi (fitoestrogeni). I principi attivi (oltre alla vitamina C, tannini, acidi organici, pectine, carotenoidi e polifenoli) vengono usati dalle industrie farmaceutiche, alimentari e cosmetiche.
I semi vengono utilizzati per la preparazione di antiparassitari ed i petali dei fiori per il miele rosato.
Il suo decotto viene utilizzato in cosmetica per pelli delicate e arrossate.
Con i frutti si preparano ottime marmellate. Con i petali dei fiori viene preparato il miele rosato.
Frutti maturi
Nomi comuni
Rosa di macchia
Rosa selvatica
Rosa di bosco
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20 – Rosa cavallina– Rosa arvensis Huds.
Forma Biologica: Piante legnose con gemme perennanti poste tra 20 cm e 2 m dal suolo.
Descrizione: Pianta perenne, dal portamento variabile, con fusti striscianti o rampicanti, lianosi, piuttosto esili, talvolta bluastri, erbacei e solo alla fine lignificati, con spine debolmete incurvate, le superiori quasi dritte. Altezza 30÷300 cm.
Le foglie sono caduche, sparse, spiralate, raramente opposte, pennatosette con 5÷7÷(9) segmenti verdi, da ovati a lanceolati, glabri o pelosi solo sulle nervature, denti in genere semplici; stipole presenti.
Fiori ermafroditi, dilalipetali; infiorescenza 1÷3 (5) fiori dal Ø di 3÷5 cm ; la corolla con 5 petali bianchi raramente con strie rosa, brattee < del peduncolo, questo dotato in genere di peli ghiandolari; sepali interi o con 1÷2 appendici lineari su ciascun lato, dopo la fruttescenza caduchi o ripiegati in basso. Stilo glabro, concresciuto in una colonna distintamente sporgente dal cinorrodo, molti stami.
I frutti sono cinorrodi, ovoidi, glabri, rossi
Distribuzione in Italia: Presente in tutta la penisola, incerta la presenza in Sicilia, assente in Sardegna.
Habitat: Cresce nelle boscaglie, al margine dei boschi cedui radi, dal piano sino a 1.400 m s.l.m.
Proprietà ed utilizzi:Specie commestibile officinale. Come in quasi tutte le rose selvatiche, i frutti sono commestibili e ricchi di vitamina C.
Scheda realizzata da Marinella Zepigi
http://www.actaplantarum.org/
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21 – Rovo bluastro– Rubus caesius L.
Forma Biologica: Piante legnose con gemme perennanti poste tra 20 cm e 2 m dal suolo.
Descrizione: Pianta cespugliosa perenne con radice legnosa, pollonifera, fascicolata e con polloni cilindrici glauco-pruinosi sarmentosi, lunghi 1-2 metri, radicanti all’apice, con sottili spine setoliformi acutissime lunghe 2 mm
Foglie composte, palmate, con 3 segmenti da lanceolati a ovati larghi 4-7 cm. e lunghi 7-9 cm, grossamente dentati lungo il bordo, acuti, talora incisi alla base; le foglie dei polloni hanno stipole largamente lanceolate, quelle dei fusti fioriferi hanno stipole più strette, tutte ristrette verso la base.
Fiori in corimbi di 2-5 elementi con asse fiorale densamente ghiandoloso; fiore ermafrodita, attinomorfo, con 5 sepali triangolari-lesiniformi, larghi 2-3 mm e lunghi 13 mm, alla fruttescenza eretti; corolla dialipetala con 5 petali bianchi ovati (7×10 mm); ricettacolo conico, ovario semi-infero, apocarpico, molti carpelli e molti stami
Frutto : aggregato formato dall’insieme di 8-10 drupe di 3-4 mm di diametro, bluastre-pruinose e coperte di cerosità biancastra.
Distribuzione in Italia: E’ presente in tutte le regioni italiane esclusa la Sardegna; incerta la presenza in Sicilia.
Habitat: Boschi ripariali, forre, suoli boschivi umidificati in ambienti umidi ed ombrosi dal livello del mare fino a 1200 metri, raramente fino a 2000 metri. E’ comune anche nelle siepi e nelle zone ruderali. Quando cresce su terreni di colture abbandonate si nota una minore pelosità: i polloni possono essere glabri e le foglie senza incisioni.
Note di Sistematica:
Il genere Rubus è uno dei generi più complicati e polimorfi dell’ intero ordine delle Angiosperme.
Solo poche specie del genere si riproducono normalmente per via sessuale; le altre specie sono in gran parte ibridogene che a volte però sono in grado di produrre polline e frutti normali e di fissare mediante apogamia i loro caratteri; possono pertanto di continuo formarsi nuovi tipi stabili, almeno entro certi limiti.
La fase di intensa ibridazione e segregazione di nuove specie si è svolta essenzialmente nell’Europa occidentale probabilmente in epoca postglaciale.
Il più antico inquadramento del genere è dovuto a Linneo che riunì le specie del genere Rubus presenti in Italia in 4 specie:
- Rubus saxatilis L., facilmente distinguibile per i fusti erbacei striscianti a livello del suolo e il frutto formato da poche drupe rosso-lucide
- Rubus idaeus L., distinguibile per le foglie dei polloni pennate con 5-7 segmenti e il frutto rosso-opaco
- Rubus caesius L.
- Rubus fruticosus L., nel quale erano incluse tutte le altre specie.
Etimologia: Il nome del genere deriva dal latino “rubeo”, io sono rosso e identificava già presso i romani le specie del genere.
Il nome specifico in latino significa di colore verde-azzurro, glauco.
Proprietà ed utilizzi:
In cucina i germogli si prestano per minestre, zuppe, risotti, frittate, o semplicemente per essere lessati e conditi a piacere. Le more si mangiano al naturale o si usano per sciroppi, succhi, gelatina, marmellata, salse, liquori, sotto grappa. Inoltre, schiacciate e lasciate fermentare, danno una bevanda acidula di modesta gradazione alcoolica che, per distillazione, permette di ottenere un’ottima acquavite.
Scheda di Daniela Longo
http://www.actaplantarum.org
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22 – Salice cenerino – Salix cinerea L.
Classificazione scientifica |
|
Divisione: |
Spermatophyta |
Sottodivisione: |
Angiospermae |
Classe: |
Dicotyledones |
Ordine: |
Salicales |
Famiglia: |
Salicaceae |
Il Salice cenerino è una pianta diffusa nelle zone umide e lungo i fiumi, dove forma intricate boscaglie, dalla pianura fino ai 1000 metri di quota.
Caratteristiche generali
Dimensione e portamento
Piccolo albero alto fino a 10 metri circa.
Tronco e corteccia
Il tronco è per lo più ramificato fin dalla base e chioma rada e irregolare; i rami di 2-4 anni, grigio-brunastri, decorticati presentano costolature molto accentuate e sporgenti. I giovani rametti sono rivestiti di un tomento grigio o brunastro.
Foglie
Da oblanceolate a largamente obovate, di colore verde-oliva nella pagina superiore, bianche o grigie nella pagina inferiore.
Strutture riproduttive
Amenti maschili lunghi fino a 4 cm, i femminili fino a 5 cm e fino a nove a maturità. Fiorisce a marzo-aprile prima dell’emissione delle foglie.
Usi
E’ una pianta a portamento arbustivo tipica delle rive dei corsi d’acqua.
http://www.agraria.org
Classificazione scientifica |
|
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Malpighiales (Salicales) |
Famiglia: |
Salicaceae |
Sinonimi: Salix cinerea oleifera
Nomi italiano: Salice cinereo, Salice cenerino.
Etimologia: Salix eriva dal greco Salos = oscillazione; altra possibile derivazione: dal celtico Sal-lis = vicino all’acqua; cinerea = per il suo colore cenerino.
Scheda di proprietà AMINT realizzata da Marika e Giovanni Baruffa
Approvata e Revisionata dal Gruppo di Coordinamento dell’Area Botanica www.funghiitaliani.it
Descrizione
Arbusto deciduo legnoso, dalla chioma irregolare, cespitoso con rami giovani glabri e che può raggiungere l’altezza di 4-5m.
Foglie: le foglie sono semplici, alterne, rugose, lunghe da 2 a 4cm; la pagina superiore è inizialmente tomentosa poi glabra, di colore verde opaco, mentre, inferiormente, è bianco argentea finemente villosa.
Fiori: i fiori sono dioici (sessi separati in individui diversi),di colore giallo-argenteo a forma di spiga pendula.
Frutti
Molto caratteristici sono gli amenti (pendenti), i cosiddetti topini, che si presentano numerosi ancora prima delle foglie; essi allo stato iniziale sono ricoperti di minuscoli fiorellini, poi si ingrossano e si dischiudono, liberando una moltitudine di semi pelosi bianchi.
Periodo di fioritura: Marzo/AprileTerritorio di crescita: Comune in tutte le regioni, assente in Sardegna.
Habitat
Mezza ombra, boschi e ambienti umidi di acqua dolce, aree ripariali e alluvionali.
Somiglianze e varietà: confondibile con Salix caprea, che si spinge anche a quote subalpine; differenze cromatiche e di forma nella foglia che in S. caprea è più allargata al centro mentre in S. cinerea è allargata all’apice; altra differenza inconfondibile è la presenza in S. cinerea delle cosiddette “salienze”, piccole escrescenze longitudinali visibili soltanto rimuovendo la corteggia nei rametti giovani.
Costituentichimici: corteccia ricca, tra l’altro, di Tannino e di Salicina, glucoside che sviluppa acido salicilico e Azoto nei fiori.
Uso Alimentare: la presenza di acido salicilico, fortemente irritante fino ad essere causa di emorragie interne se assunto in dosi elevate, rende questa pianta non utilizzabile ai fini alimentari.
Uso Cosmetologico: grazie alla presenza di acido salicilico, attraverso applicazioni e trattamenti locali, svolge importanti azioni desquamatorie e cheratolitiche (eliminazione delle cellule morte del derma).
Note
In Toscana i rami dei salici vengono utilizzati dai cacciatori per costruire i capanni di caccia, detti cesti.
Nell’antichità i salici venivano chiamati “agnos”, cioè casto, tale denominazione era dovuta al fatto che si riteneva fossero capaci di placare gli istinti sessuali, tale proprietà è stata in parte provata oggi dalla scienza ufficiale in quanto si è dimostrato che la presenza modesta di sostanze estrogene possa svolgere un ruolo blandamente anafrodisiaco. Sempre in epoca storica al Salice veniva affiancato il culto di San Giorgio, e alla ripresa vegetativa in primavera, per esorcizzare e proclamare la sconfitta dell’inverno, era consuetudine adornare giovani salici con ghirlande di fiori e nastri colorati.
http://www.funghiitaliani.it/
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23 – Salice di ripa o ripaiolo – Salix eleagnos
Classificazione scientifica |
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Regno |
Plantae |
Sottoregno |
Tracheophyta = Tracheobionta (Cormophyta) |
Superdivisione |
Spermatophyta = Phanerogama |
Divisione |
Magnoliophyta = Angiospermae |
Sottodivisione |
Magnoliophytina = Angiospermatophytina |
Classe |
Magnoliopsida = Dicotyledoneae |
Sottoclasse |
Hamamelididae |
Ordine |
Salicales |
Famiglia |
Salicaceae |
Sottofamiglia |
Genere |
Sottogenere |
Salix |
Specie |
Salix eleagnos subsp. Eleagnos Scop |
Descrizione, Morfologia
Arbusto, talvolta grosso, o anche alberello alto eccezionalmente fino a 15 m, con corteccia da bruno-grigio a bruno-verdastro, rami sottili e flessibili giallastri o bruno-rossastri; in ambiente montano il portamento è sempre cespitoso (policormico).
Gemme inserite a spirale, piccole, aderenti, rosso-brune.
Foglie, Fiori, Semi :
Foglie alterne, brevissimamente picciolate, da strettamente lineari a lineari-lanceolate, lunghe 6-12 cm (fino a 20 volte la larghezza), a margine dentato-sinuato, spesso revoluto verso la pagina inferiore; quest’ultima è di colore bianco o grigio chiaro per un fitto tomento, mentre la superiore è verde opaco; nervature regolarmente pennate.
Fiori dei due sessi portati su individui diversi (specie dioica); i maschili in amenti generalmente ricurvi verso l’esterno, cilindrici, lunghi 3-4 cm, diametro 0,5 cm, con antere di colore giallo uovo; i femminili pure in amenti, più sottili, brevemente peduncolati, verdastri, con pistillo peloso alla base.
Frutti in piccole capsule coniche allungate, contenenti numerosi semi provvisti di pappo.
Areale, Ecologia:
Salice di distretti montani dell’Europa centro-meridionale; in Italia si ritrova su Alpi ed Appennini, con qualche discontinuità in Campania ed in Calabria, è assente nelle isole ed in Puglia; pur riscontrandosi a volte a quote modeste (inferiori a 100 m), può salire fino a circa 1800 m. E’ tipica di ecosistemi ripari, preferendo substrati alluvionali calcarei, sabbiosi o ghiaiosi, dove vegeta spesso in unione con Hippophae fluviatilis , Salix daphnoides , S. purpurea, Alnus incana , Myricaria germanica .
La fioritura è precoce (febbraio-aprile) e precede la fogliazione.
Proprietà ed utilizzi:
E’ forse, insieme al già nominato Salix purpurea, grazie alla facilità di riproduzione agamica per talee, la specie più impiegata nella cosiddetta ‘ingegneria naturalistica’ per il rinsaldamento di pendici franose, specialmente a ridosso di tracciati stradali, e per il consolidamento di sponde di corsi d’acqua in erosione.
Come le altre congeneri, la specie è ricca di salicina, per le cui proprietà si rimanda alla scheda di S. caprea
Scheda realizzata da Silvano Radivo
http://www.actaplantarum.org
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24 – Salice rosso- Salix purpurea L.
Classificazione
Divisione |
Spermatophyta |
Sottodivisione |
Angiospermae |
Classe |
Dicotyledones |
Ordine |
Salicales |
Famiglia |
Salicaceae |
Caratteristiche generali
Dimensione e portamento
Arbusto o alberello alto fino a 9 metri, a portamento eretto.
Tronco e corteccia
Tronco grigio-verdastro. Rami giovani sottili e glabri, lucenti, che diventano poi opachi, passando da tonalità porporine a verdastre o giallastro-grigie.
Foglie
Foglie lanceolato-oblunghe o lineari-spatolate, glabre, piane, con margine leggermente serrato-lenticolato, di colore verde scuro, opache o appena lucide di sopra; glauche e con nervature secondarie pochissimo evidenti di sotto.
Strutture riproduttive. I fiori maschili eretti , con 2 stami saldati fra di loro, tanto da simularne uno solo, antere purpuree-violacee, gialle e poi nere; i femminili arcuati e densi, sessili. Capsula pelosa bioculare di 4-5 mm. Fiorisce all’inizio della primavera.
Usi
I suoi rami sono utilizzati per la realizzazione di cesti e stuoie. Specie utilizzata nei lavori di consolidamento di greti e sponde fluviali o di tutti quei substrati instabili, in prossimità dell’acqua.
Origine e diffusione
Il Salice rosso è una specie diffusa in Europa centro-meridionale, Africa nord-occidentale, Asia occidentale e Penisola Iberica. Specie riparia moderatamente termofila. E’ una delle più attive specie colonizzatrici dei greti fluviali e dei suoli umidi in prossimità di corsi d’acqua; ama le zone soleggiate.
www.sardegnaforeste.it
www.agraria.org
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25 – Salicone – L.Salix caprea
Classificazione
Divisione |
Spermatophyta |
Sottodivisione |
Angiospermae |
Classe |
Dicotyledones |
Ordine |
Salicales |
Famiglia |
Salicaceae |
Caratteristiche generali:
Portamento, tronco e corteccia
Alberello alto fino a 15 metri, spesso policonico e a portamento cespuglioso, con chioma slanciata. Il tronco presenta una scorza grigio-opaco, più screpolata e brunastra con l’età.
Foglie
Le foglie sono decidue, altern, munite di picciolo, 8×4 cm circa, da ovate a ellittiche.
Strutture riproduttive
E’ una pianta dioica con infiorescenze maschili in amenti ovoidali di 4 cm circa, ricoperti di peli argentei prima della fioritura e con stami gialli; le infiorescenze femminili sono simili ma più grandi; fiorisce in marzo-maggio. Il frutto è una piccola capsula conico-allungata sessile e liscia.
Origine e diffusione
Il Salicone è diffuso in un vasto areale che va dall’Europa al Giappone. In Italia è presente in tutte le regioni, tranne in Sardegna, dal livello Salicone – Salix capreaL. (foto Willow) del mare alla fascia subalpina. Si adatta bene a diversi tipi di terreno, purché non asfittici e sopporta bene una certa aridità estiva.
Usi
Il Salicone è impiegato come specie pionieritica negli interventi di rinaturazione ambientale. Come gli altri salici, la sua corteccia contiene anche salicina, usata nell’industria farmaceutica.
http://www.agraria.org
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Classificazione scientifica |
|
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Dipsacales |
Famiglia: |
Caprifoliaceae |
Genere: |
Sambucus |
Sambucus è un genere appartenente alla famiglia delle Caprifoliacee che comprende specie arbustive di medio-grandi dimensioni talvolta in forma di piccolo albero, comunissimo lungo le siepi campestri, nei boschi planiziari e submontani e presso i casolari di campagna, nonché alla periferia delle città, dove rappresenta un relitto della vegetazione spontanea.
Descrizione
La pianta presenta rami con midollo molto grosso, bianco, leggerissimo e compatto, che viene raccolto ed usato per includere e poi sezionare parti vegetali da osservare al microscopio.
La corteccia dei rami stessi presenta rade e grosse lenticelle.
Le foglie sono opposte, imparipennate, di solito con 5 foglioline ovato-lanceolate ed appuntite, seghettate ai margini.
I fiori sbocciano in primavera-estate, sono piccoli, odorosi, biancastri, a 5 lobi petaliformi, riuniti numerosissimi in infiorescenze ombrelliformi molto ampie.
Essi maturano numerose piccole bacche globose nero-violacee (S. nigra e S. ebulus) o rosse (S. racemosa) che contengono un succo di colore viola-porporino scuro che viene impiegato per colorare vini e come esca per la pesca dei cavedani.
Usi
I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica.
Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante, che era molto usata in Tirolo e nei paesi nordici.
Il legno viene utilizzato per costruire le palline formanti un pendolo di Canton; oppure viene impiegato per costruire giochi popolari di origine contadina come lo “scioparolo” (dialetto veneto “schioppo/fucile”) dove tagliandone un ramo di diametro 4-5 cm e di lunghezza 20-25 cm viene tolto il midollo ed inserito al posto di esso un ramo poco più lungo e di pari diametro del midollo appena tolto. Facendo scorrere velocemente al suo interno il rametto fa partire una pallina di canapa arrotolata precedentemente inserita e posta estremità dello “scioparolo”. Era un gioco povero e antico di cui oramai se ne sono quasi perse le tracce. Viene scelto questo tipo di legno per la sue estrema leggerezza.
Tossicità
Tutte le parti della pianta sono tossiche per la presenza di cianuro e vari alcaloidi.
Fanno eccezione i fiori.
Specie principali
- Sambucus ebulus, detto ebbio o nibbio (pianta)
- Sambucus nigra
- Sambucus racemosa, detto sambuco rosso
Nomi regionali
Lombardia |
sambugh |
Sardegna |
sauccu |
Sicilia |
savucu |
Umbria |
sammucu |
Veneto |
sambugaro,sanbugaro |
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera – http://www.agraria.org
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27 – Sanguinella – Cornus sanguinea
Classificazione scientifica |
|
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Cornales |
Famiglia: |
Cornaceae |
Genere: |
Cornus |
Specie: |
C. sanguinea |
La sanguinella (Cornus sanguinea) è una specie botanica della famiglia delle Cornaceae. Deve il suo nome alle foglie rosse dell’autunno e al legno duro dei suoi rami. Altri nomi sono corniello sanguinello.
Distribuzione e habitat
L’areale di questa specie comprende l’Europa e l’Asia Minore. In Europa Centrale è ampiamente diffusa. Predilige terreni calcarei e cresce spesso ai margini di foreste o presso corsi d’acqua.
Descrizione
La sanguinella è un arbusto che può crescere fino ad un massimo di cinque metri. Le sue foglie sono ovali e possono raggiungere una lunghezza di dieci centimetri. La nervatura delle foglie è ricurva e i piccioli non presentano peluria (non presentano domatium). I giovani polloni rossi dell’arbusto si raccolgono a fine inverno per fabbricare graticci e cesti.
I fiori sono ermafroditi e autoimpollinanti. La sanguinella fiorisce da maggio a giugno; i fiori sono bianchi e profumati. Vengono impollinati da diverse specie di api. La pianta spontanea è fruttifera da agosto a settembre.
I frutti sono drupe grandi come un pisello e non commestibili e che in seguito alla maturazione diventano neri. I frutti vengono mangiati dagli uccelli e da alcuni mammiferi.
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera
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28 – Arresta bu e – Ononis sp inosa
Regno: |
Plantae |
Superdivisione: |
Spermatophyta |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Sottoclasse: |
Rosidae |
Ordine: |
Fabales |
Famiglia: |
Fabaceae |
Genere: |
Ononis |
Specie: |
O. spinosa |
Arrestabue (nome scientifico Ononis spinosa L.) è un piccolo arbusto spinoso (non più alta di 50 cm) dai fiori profumati, appartenente alla famiglia delle Fabaceae.
Nelle classificazioni più vecchie la famiglia del genere Ononis è chiamata Leguminosae ma anche Papilionaceae.
Il genere Ononis comprende circa 70-80 specie delle quali un paio di dozzine sono rappresentate dalla nostra flora spontanea.
Sottospecie e specie simili :
- Ononis spinosa L. subsp. Antiquorum (L.) Arcang. : i fiori sono rosa pallido, a volte bianchi. Il frutto ha un solo seme.
- Ononis spinosa L. subsp. Foetens (all.) Sirj. : è molto meno pelosa delle altre specie.
- Ononis repens L. – Ononide strisciante : foglie indivise (un solo segmento); rizoma più evidente; poco o nulla spinosa.
La conoscenza di questa pianta è molto antica. I Greci e i Latini la usavano (ci informa Dioscoride) per eliminare piccoli calcoli renali (infatti la sua somministrazione favorisce la diuresi).
I nomi comuni tipo Arrestabue o Stancabue è inteso in quanto le spine di questa pianta non sono gradite da questi animali. Un’altra versione ci dice invece che a causa del suo voluminoso ceppo radicale i buoi sotto l’aratro non poco faticavano quando il campo ne era infestato.
Morfologia
La forma biologica della nostra pianta è definita camefita fruticosa (Ch frut) : sono piante perenni i cui fusti sono in prevalenza legnosi, ma non molto alti. La forma di crescita è quindi suffruticosa.
Radici : La radice è del tipo fascicolato. È considerata abbastanza infestante.
Fusto : Il fusto epigeo (quello ipogeo non è presente) è peloso e ghiandoloso disposto su 1-2 file longitudinali. Altezza media 30–50 cm. (raramente 70 cm). Delle spine a coppie sono presenti sulle ascelle fogliari e all’apice. Il fusto è spesso lignificato alla base.
Foglie : Foglie inferiori : sono trifogliate (formate da tre foglioline e ogni segmento ha forma ellittica) con breve picciolo. Alla base alloggiano 2 stipole (cioè due foglioline amplessicauli) ovali, dentate, allungate e ghiandolose.Foglie superiori : sono indivise (formate da una sola fogliolina), ellittiche a lamina dentellata.
Infiorescenza : I fiori sono solitari o al massimo in gruppi di 2-3 e si trovano all’ascella delle foglie cauline superiori bratteali.
Fiori : Fiore ermafrodita, dialipetalo, zigomorfo con un breve peduncolo.
Calice : di tipo gamosepalo campanulato a 5 denti lunghi e sporgenti verdi (lungo 8–10 mm).
Corolla : papilionacea lunga 10 –30 mm.
Petali : sono in numero di 5 dal colore roseo – vinoso (a volte bianco) ; il superiore ripiegato verso l’alto (si chiama vessillo); 2 sono laterali (si chiamano ali); quelli inferiori sono concresciuti (si chiamano carena).
Fioritura : da giugno a settembre
Impollinazione : tramite api (è una pianta particolarmente visitata da questi insetti pronubi).
Frutti : Tipo legume peloso, lungo come il calice. La superficie del frutto è ghiandolosa e pelosa. Al suo interno vi trovano posto da uno a quattro semi tondeggianti dal colore scuro.
Distribuzione e habitat
Corologicamente il nostro fiore è identificato come eurimediterraneo : il suo areale è quindi centrato sulle coste mediterranee; ma può anche spingersi verso Est e verso Nord. Quindi in Europa si trova al centro ma soprattutto al meridione.
In Italia si trova sui prati aridi o incolti e ai margini dei sentieri. Distribuzione altitudinale : dal piano a circa 1300 m. s.l.m.
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
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29 – Ginestrella – Genista tinctoriaL.
Regno |
Plantae |
Sottoregno |
Tracheophyta = Tracheobionta |
Superdivisione |
Spermatophyta = Phanerogama |
Divisione |
Magnoliophyta |
Classe |
Magnoliopsida |
Sottoclasse |
Rosidae |
Ordine |
Fabales |
Famiglia |
Fabaceae |
Sottofamiglia |
Faboideae |
Genere |
Genista Linnaeus, 1753 |
Specie |
Genista tinctoria |
Forma Biologica: Ch suffr – Camefite suffruticose. Piante con fusti legnosi solo alla base, generalmente di piccole dimensioni.
Descrizione, Morfologia: Piccolo arbusto perenne, eretto, deciduo, con fusti cilindrici lignificati alla base, rami verdi, privi di spine, semplici, ascendenti, solcati Altezza 30÷80 cm.
Foglie, Fiori, Semi: Specie estremamente polimorfa, la pelosità dei diversi organi (fusto, foglie, calice e legume) è molto variabile, si presentano forme da glabre a pelose con tutti i gradi intermedi.
- Le foglie, disposte in modo alterno, hanno lamina da ovato-oblunga a lanceolato-ellittica, sono intere sessili, di colore verde scuro.
- I numerosi fiori,di colore giallo oro, sono riuniti in racemi apicali fogliosi; la corolla è formata da una carena di circa 1 cm e da un vessillo eretto, le ali e la carena sono divaricate all’antesi che avviene fra maggio e luglio. Il calice è gamosepalo, persistente con labbro superiore bifido.
- I frutti sono legumi contenenti semi verde scuro.
Areale, Ecologia:Elemento Eurasiatico che si incontra comunemente nei prati e pascoli mesofili e in quelli umidi e acidofili, nei boschi cedui soleggiati, sotto le siepi e nelle e brughiere; fiorisce fra maggio÷agosto dal piano sino a 1.800 m s.l.m; è presente in tutto il territorio, escluse le isole.
Specie simili sono:
- Genista germanica L. – Ginestra spinosa, che cresce nei medesimi ambienti, ma si distingue facilmente per la presenza di spine.
- Genista januensis Viv. – Ginestra genovese, che si distingue per fusti a sezione triangolare e foglie caratterizzate da margine ialino.
Scheda realizzata da Marinella Zepigi con la preziosa collaborazione di Alessandro Alessandrini
http://www.actaplantarum.org
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30 – Melo selvatico – Malus sylvestris
Regno: |
Plantae |
Sottoregno: |
Tracheobionta |
Superdivisione: |
Spermatophyta |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Sottoclasse: |
Rosidae |
Ordine: |
Rosales |
Famiglia: |
Rosaceae |
Genere: |
Malus |
Specie: |
M. sylvestris |
Il melo selvatico (Malus sylvestris (L.) Mill., 1768) è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosaceae.
Morfologia
È una pianta che cresce prevalentemente in forma di arbusto o alberello, ma che in condizioni ottimali può anche superare i 10 m di altezza.
La corteccia è grigiastra.
Le foglie sono ovali, lunghe 3-4 cm, col bordo seghettato, di colore verde pallido, ricoperte da una peluria biancastra sulla faccia inferiore.
I fiori hanno una corolla di 5 petali, bianchi con sfumature rosa.
Il frutto è simile a quello del melo domestico ma più piccolo (3 – 4 cm di diametro), duro e asprigno. Giunge a maturazione tra luglio e ottobre.
Distribuzione ehabitat
Originario dell’Europa e del Caucaso.
Usi
È utilizzato come portainnesto per la coltivazione di varietà di Malus domestica.
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
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31 – Olivello spinoso – Hippophae rhamnoides
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Rosales |
Famiglia: |
Elaeagnaceae |
Genere: |
Hippophae |
Il genere Hippophae (olivello o olivello spinoso) comprende circa una decina di specie, di cui la più nota, Hippophae rhamnoides, è impiegata per la preparazione di creme di bellezza a base naturale, per applicazioni in erboristeria e per la preparazione di sciroppi e succhi di frutta.
Descrizione
Il genere Hippophae è presente in una vasta area che va dall’Europa all’Asia, includendo Cina, Mongolia, India, Nepal, Pakistan, Russia,Italia, Inghilterra, Francia, Danimarca, Olanda, Polonia, Finlandia, Svezia e Norvegia. Più del 90%, circa 1.5 milioni di ettari si possono trovare in Cina, dove la pianta viene impiegata per conservare acqua e terra. L’arbusto raggiunge 0.5–6 m di altezza, e raramente arriva fino a 10 m nell’Asia centrale in zone asciutte e sabbiose. Sono resistenti al sale nell’aria e nella terra, ma richiedono abbondante sole per una buona crescita e non sono adatte a luoghi di ombra vicino ad alberi.
La Hippophae più diffusa è l’Olivello Spinoso che si estende dalle coste dell’Atlantico dell’Europa fino ad attraversare la zona nord est della Cina. Nei paesi dell’Europa occidentale si trova soprattutto confinata nelle zone costiere dove il sale proveniente dal mare non permette ad altre piante più grandi di competere con loro per il territorio. Nell’Asia centrale si trovano distribuite in zone con un clima arido e semi-deserto dove altre piante non riescono a sopravvivere.
Nell’Europa centrale ed in Asia si trova anche in una zona subalpina, fino a 1500 m, dove è possibile trovare la linea degli alberi sulle montagne ed altri luoghi soleggiati come agli argini dei fiumi.
Benefici dell’olivello spinoso
L’olivello spinoso è ricchissimo di vitamina C, con un contenuto medio di 695 mg per 100 grammi. (di gran lunga superiore a quella contenuta nei kiwi e negli agrumi). Vanta proprietà tonificanti, aiuta in caso di affaticamento, rinforza le difese immunitarie ed è utile nella prevenzione delle infezioni come i raffreddamenti. La polpa del frutto di olivello spinoso allo stato naturale è molto acida (astringente) e oleosa e risulta poco piacevole al gusto. Solo dopo una previa lavorazione (ad esempio il surgelamento diminuisce le proprietà astringenti) la polpa può essere utilizzata ad esempio sotto forma di succhi o per la preparazione di marmellate, dolci e liquori.
Sistematica
Il genere Hippophae comprende, a seconda degli autori, da 7 a 15 specie circa. L’elenco secondo IPNI comprende le seguenti specie (escludendo i sinonimi):
- Hippophae caucasica
- Hippophae fasciculata
- Hippophae fluviatilis
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
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32 – Nespolo – Mespilus germanica
Regno: |
Plantae |
Divisione: |
Magnoliophyta |
Classe: |
Magnoliopsida |
Ordine: |
Rosales |
Famiglia: |
Rosaceae |
Sottofamiglia: |
Maloideae |
Genere: |
Mespilus |
Specie: |
M. germanica |
Il Nespolo comune (Mespilus germanica) appartiene alla famiglia delle Rosaceae. Il nespolo comune non deve essere confuso con il Nespolo del Giappone: i termini di nespolo e nespola, nel lessico comune, fanno infatti riferimento in genere all’albero e ai frutti della specie Eriobotrya japonica, pure questa appartenente alla Famiglia delle Rosaceae. Peraltro l’antico proverbio “Col tempo e con la paglia maturano le nespole” (ci vuole pazienza, occorre aspettare per vedere i risultati) si riferisce alle Nespole comuni, già note in Europa da tempo immemorabile. I frutti infatti non possono essere consumati alla raccolta, che si ha nel tardo autunno, ma vanno lasciati “ammezzire” in un ambiente asciutto e ventilato, (appunto sulla paglia) cioè rammollire e virare di colore dal marrone chiaro al marrone scuro. La trasformazione enzimatica trasforma la polpa e cancella il forte sapore acido ed astringente, rendendole commestibili, questo nonostante la robusta buccia ed i numerosi e durissimi semi rendano problematico il consumo. Di fatto esiste un solo modo per consumarle al naturale, tolto il picciolo la polpa è succhiata ed inghiottita ed i semi trattenuti in bocca e non deglutiti.
Descrizione
Il nespolo comune è un albero di dimensioni medio grandi (fino 4–5 m di altezza) di larghezza spesso superiore all’altezza, a foglie caduche, (perde le foglie in inverno).
I fiori ermafroditi, di colore bianco puro, sono semplici, a cinque petali; la fioritura nel complesso è molto decorativa.
La fioritura, che è piuttosto tardiva (maggio), avviene dopo l’emissione delle foglie.
I frutti sono piccoli pomi a buccia ruvida e di colore marrone chiaro, spesso coperti da una finissima peluria; sono di piccole dimensioni: 2-2,5 cm di diametro. Esistono tuttavia cultivar selezionate con frutti leggermente migliorati per dimensioni e caratteriste organolettiche. I frutti restano duri e legnosi con sapore acido ed astringente fino all’autunno inoltrato, solo una successiva trasformazione enzimatica della polpa, dopo la raccolta, ne rende possibile il consumo. È una pianta molto resistente al freddo, inoltre la fioritura tardiva è largamente successiva alle ultime gelate.
Distribuzione in natura
Il Nespolo comune è diffuso in natura nell’Europa meridionale (fino alla Germania) e nell’Asia Minore, secondo alcuni anzi sarebbe originario di quest’ultima. Esso è comunque presente anche nell’Italia settentrionale, dal Piemonte al Veneto. In alcuni comuni delle vallate piemontesi questa pianta è al centro di feste tradizionali: a Farigliano in provincia di Cuneo a fine novembre inizio dicembre si svolge una festa dedicata a San Nicolao abbinata alla Fiera dei Puciu (appunto, il nespolo), mentre a Trinità in provincia di Cuneo l’ultima domenica di novembre si svolge la “Fera di Pocio e Bigat”, riproposta, dopo un periodo di interruzione durato 50 anni, nel 2000; essa associa il nespolo (Pocio) al baco da seta (Bigat). Da questo frutto si trae un liquore di sapore dolce e gradevole. Da degustare a Trinità i famosi dolci farciti di marmellata ai “pocio”. È molto diffusa nel meridione in modo particolare in Puglia si trovano parecchi alberi e nei paesi più piccoli viene coltivato in casa ne proprio giardino.
Nota su Mespilus canescens
Nel 1990 sono state scoperte alcune piante attribuibili al genere Mespilus nell’Arkansas, in Nordamerica. Per queste piante (circa 25 esemplari in tutto, ristretti a un unico bosco) è stata descritta una specie nuova, Mespilus canescens.
Mespilus canescens risulta una specie a fortissimo rischio di estinzione, dato il suo ristrettissimo areale e le scarse capacità riproduttive manifestate in questi anni.
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
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33.- Salice arbustivo o da ceste – Salix triandra
Descrizione
Dimensioni: 1-5 (10) m
Fusto epigeo: corteccia liscia che negli individui adulti si stacca a placche irregolari; rami glabri, opachi, da giallo-verdastri a rosso-brunastri.
Foglie: semplici, con breve picciolo (2-3 ghiandole alla sommità) e stipole reniformi; oblanceolate (3 x 12-15 cm), apice acuto, margine dentato-ghiandoloso; sopra verde scura, glabra e lucida, sotto glauche, glabre ed opache; chioma irregolarmente globosa
Infiorescenza: pianta dioica; infiorescenze ad amento eretto, peduncolate, poco antecedenti o contemporanee allo sviluppo delle foglie; la maschile di ca. 5-6 cm e lassa, la femminile di ca. 4-5 cm e densa.
Fiori: provvisti di una brattea (bruno-giallastra); maschili con 3 stami, filamenti liberi e pelosi alla base (antere gialle), e 2 nettari; femminili con un nettario ed un ovario, supero e uniloculare, con 2 stigmi portati su uno stilo cortissimo.
Frutto: infruttescenze a capsule coniche, glabre, in amenti; i semi sono dotati di peli serici.
Distribuzione
Distribuzione regionale |
discontinua dalla bassa pianura al piano montano. |
Distribuzione altitudinale (metri s.l.m.) |
0-1400 |
Geoelemento |
eurosiberiano |
Ambiente caratteristico |
boschi riparali |
Fioritura |
da marzo a maggio |
Note vegetazionali
Predilige stazioni caldo-umide su terreni alluvionali da limoso-argillosi a sabbiosi.
Note generali
Allevati a capitozza forniscono rami annuali i quali, tagliati in primavera o inverno, sono impiegati per lavori artigianali d intreccio. E’ in grado di formare degli ibridi con numerose specie di Salici.
Distribuzione
Distribuzione regionale |
discontinua dalla bassa pianura al piano montano. |
Distribuzione altitudinale (metri s.l.m.) |
0-1400 |
Geoelemento |
eurosiberiano |
Ambiente caratteristico |
boschi riparali |
Fioritura |
da marzo a maggio |
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