La bassa Veronese e l’Adige: da vedere
|La bassa Veronese e l’Adige:
percorso ad anello tra Bevilacqua, Legnago, Albaredo d’Adige Veronella, Cologna Veneta e Pressana.
Da vedere:
Bevilacqua
Bevilacqua è un comune della provincia di Verona, al confine con la provincia di Padova, a 5 km da Montagnana e a 10 da Legnago. Nell’antichità il comune di Bevilacqua era attraversato dal fiume Adige, che passava per i comuni di Montagnana, Casale di Scodosia e Saletto (provincia di Padova). Non era arginato come oggi, quindi era spesso oggetto di rotte devastatrici, che distruggevano economicamente e fisicamente il territorio impedendone un progressivo sviluppo economico e sociale.
Durante il dominio degli Scaligeri, verso il 1336, Gugliemo I Bevilacqua, luogotenente a Padova di Cangrande della Scala, per i servizi prestati alla famiglia degli Scaligeri, fu autorizzato a gettare le fondamenta di un castello oggi noto come Castello di Bevilacqua dal cognome della sua famiglia.
Castello di Bevilacqua
Il castello di Bevilacqua fu eretto nel 1336 da Guglielmo I Bevilacqua e successivamente completato dal figlio Francesco. Circondato da un ampio fossato e da tre ordini di mura fortificate, collegate con un ponte levatoio, il castello aveva sia funzione difensiva che di rappresentanza. Nel corso dei secoli fu notevolmente danneggiato, a causa delle innumerevoli guerre contro la Repubblica di Venezia, che se ne era impossessata. A partire presumibilmente dal 1532 Gianfrancesco Bevilacqua commissionò a Michele Sanmicheli il completo riammodernamento dell’edificio medievale, che venne così trasformato in villa e dotato di nuovi e più comodi interni. Nel 1756 Gaetano Ippolito Bevilacqua riprese i lavori restaurando gran parte dell’interno del castello, che però venne successivamente dato alle fiamme dalle truppe austriache. Per questo fu nuovamente rimesso a nuovo, nel 1860, da Felicita Bevilacqua ed il consorte, che conferirono all’intero complesso un’immagine neogotica in accordo con il gusto romantico del tempo.
Antica stazione di posta di Bevilacqua (XV secolo)
L’edificio è situato di fronte all’imponente castello nelle immediate vicinanze del fiume Fratta che segna il confine con la provincia di Padova, un tempo territorio dei Carraresi. Un tempo questa era la residenza estiva della famiglia dei Bevilacqua. L’elegante villa presenta una forma simmetrica e la facciata, con mattoni a vista, è dotata di cinque aperture per piano. Il piano nobile è raggiungibile oltre che dall’interno, esternamente da una scala balaustrata che immette nell’enorme parco antistante la villa arricchito da eleganti fontane.
Legnago
Legnago è un comune di 25.439 abitanti della provincia di Verona.
La città, nota per aver dato i natali al compositore di musica sacra, lirica e classica Antonio Salieri, sorge lungo la sponda destra del fiume Adige, nella Pianura Veronese.
Il fiume Adige ha sempre rivestito, dal X secolo in poi (quando fu attestato nell’attuale corso), un ruolo fondamentale per lo sviluppo storico della città di Legnago e di Porto, una frazione sulla riva sinistra del fiume: grazie al loro ruolo difensivo, tali località vennero popolate già in epoche antichissime.
Cenni storici
Molteplici sono le tracce che testimoniano una vita molto fiorente già durante l’Età del Bronzo (XIII secolo a.C.), grazie soprattutto al ritrovamento nel 1931 di una terramara e agli innumerevoli resti archeologici risalenti alla civiltà Etrusca tutt’oggi conservati presso il Museo Civico Fioroni e il Centro Ambientale ed Archeologico. Successivamente, grazie ai romani che si insediarono in quello che lo storico latino Tacito identificò col Forum Allieni, le campagne circostanti vennero rese fertili e Legnago diventò così, per secoli, un punto di riferimento per la bassa Veronese.
Dopo che il canale che attraversava Legnago divenne, dal X secolo, il corso principale del fiume Adige e ne furono man mano ampliati gli argini, durante l’Alto Medioevo Legnago amplia il proprio abitato ed assume il volto di una vera e propria roccaforte militare. Ancor oggi sono visibili alcune testimonianze dell’antica Porta Mantova (Legnago un tempo era completamente fortificata).
La cittadina venne conquistata prima dai Longobardi e successivamente dai Franchi, fino a diventare, attorno al Mille, proprietà del vescovo di Verona il quale la cedette al Comune in cambio di Monteforte d’Alpone. Successivamente, Legnago diventa un possedimento di Ezzelino IV da Romano per poi passare sotto la dominazione scaligera dal 1207 fino al 1387. Si susseguirono poi le dominazioni dei Visconti e dei Carraresi. Fondamentale per l’assetto urbanistico di Legnago fu l’annessione, voluta dal popolo nel 1405, alla Repubblica di Venezia poiché fu proprio il governo della Serenissima ad affidare all’architetto Michele Sanmicheli l’arduo compito di consolidare le fortificazioni (in particolare una rocca), che vennero distrutte durante la guerra dei Cambrai, ridisegnandole a pianta stellare. Le fortificazioni furono però in gran parte smantellate nel 1801 per volere di Napoleone il quale cedette Legnago, con l’intero territorio della soppressa Repubblica di Venezia, all’impero asburgico. Legnago, all’epoca, era considerato uno dei nodi fluviali più importanti del Veneto per la presenza sulle rive dell’Adige di un porto, di un ponte mobile progettato per il passaggio dei natanti ed una lunga catena di mulini. Era altresì un rinomato polo culturale grazie alla presenza di scuole, un’accademia letteraria e un teatro. Alla sconfitta di Napoleone, la cittadina tornò in mano agli austriaci, come parte del regno Lombardo-Veneto, retto da un viceré con sede in Milano e resero Legnago uno dei capisaldi del Quadrilatero nel 1814 assieme a Verona, Peschiera e Mantova.
Soltanto con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia nel 1866 le cose parvero cambiare, nonostante le molte servitù militari che ancora continuarono a sussistere, sino a che, alla fine del secolo XIX, per permettere al paese di espandersi al di fuori dai confini della fortezza, vennero abbattute interamente le mura, i bastioni e le porte, di cui rimangono oggi solo pochi resti.
Nel 1868 e nel 1882 si registrarono due rovinose piene dell’Adige le quali distrussero gran parte del centro urbano. I successivi bombardamenti, subiti durante le guerre mondiali, contribuirono a rubare alla cittadina la maggior parte delle opere architettoniche esistenti e, ad oggi, a ricordare l’imponenza di questa importante roccaforte rimane il Torrione (faceva parte della cinta muraria costruita dal Sanmicheli) in Piazza della Libertà.
Il Torrione
In piazza della Libertà, a pochi passi dal Duomo, fa bella mostra di sé il Torrione; unico esemplare rimasto delle mura che circondavano la cittadina. Esso viene altresì considerato il simbolo della città di Legnago proprio perché ricalca la storia architettonica e militare autoctone. Anticamente è stato usato con la funzione di prigione (qui sono stati incarcerati alcuni patrioti tra i quali il conte Emilei di Verona e il poeta Aleardo Aleardi).
Le mura cittadine (e quindi anche il Torrione) sono state costruite a partire dal 1525 durante il dominio della Serenissima, in seguito alla rovinosa guerra della Lega di Cambrai. La costruzione delle mura bastionate terminò solamente nel 1559 e, negli anni, vide il susseguirsi di architetti illustri quali sono Bartolomeo d’Alviano, Fra’ Giocondo, Michele Leoni e Michele Sanmicheli.
Duomo di San Martino Vescovo
In piazza della Libertà si trova il Duomo di Legnago; opera incompiuta risalente all’epoca neoclassica e dedicata a San Martino Vescovo, protettore della cittadina. Esso venne ricostruito nei secoli XVIII e XIX e inaugurato nel 1814 su progetto di don Francesco Ziggiotti.
Tratto da: http://it.wikipedia.org
Albaredo d’Adige
Albaredo è un comune di 5.301 abitanti della provincia di Verona dalla quale dista 30. Il suo abitato si sviluppa alla sinistra del corso del fiume Adige e il suo territorio comprende oltre che al capoluogo altri tre importanti abitati: Presina, Michellorie e Coriano Veronese.
Quando l’Adige aveva un percorso diverso dall’attuale Ottaviano Augusto, dopo la battaglia di Azio (31 a.C.), diede da bonificare parte dei terreni ai reduci, che si trasformarono in coloni; Albaredo rappresentava la parte sud ovest di questa colonizzazione.
L’area di Albaredo era scarsamente popolata in precedenza e mancano tracce preistoriche sul territorio.
La rotta dell’Adige alla Cucca (19 ottobre 589) portò una deviazione dell’Adige a sud sul percorso attuale, fatto che non interessò il territorio di Albaredo. Le conseguenze furono gravi e perdurarono per oltre cinque secoli nella zona di Pressana, Bevilacqua e Montagnana, dove fu danneggiato seriamente il reticolo della centuriazione.
Nel IX secolo (893) Albaredo era una semplice corte che Berengario donò alla contessa Gisla; varie famiglie nobili si succedettero in questo feudo.
Nel 1077 la corte di Albaredo rientra nei possedimenti del duca Enrico IV Di Germania. In questo periodo viene nominata la “Rocca di Rivalta”, situata presso la località Motta e parzialmente distrutta nel 1234 a causa dei contrasti tra il partito guelfo e quello ghibellino. In quell’anno tutta la zona passò sotto la signoria degli scaligeri, e Antonio della Scala, ultimo degli Scaligeri, nel 1382 assegnò il territorio di Albaredo, Cucca (Veronella) e Coriano a Cortesia di Marassi da Sarego, nobile vicentino divenuto Comandante Generale delle sue truppe.
Caduti gli Scaligeri ad opera dei Visconti, anche Albaredo passò sotto il potere dei nobili milanesi, i quali cedettero i beni della ex “Fattoria di Albaredo” a Niccolò Bastiani al prezzo di 3.400 fiorini d’oro.
Il 17 maggio 1405 tutto il territorio del Colognese, che comprendeva anche Albaredo, fu annesso alla Repubblica di Venezia, con il ruolo di capoluogo per Cologna Veneta. Le ricchezze principali di Albaredo divennero in questo periodo il fiorente commercio fluviale e i numerosi mulini per la macina, specialmente sul tratto Lora-Motta.
Durante il XVI secolo, nel corso di varie guerre, il paese fu più volte attraversato dalle truppe di diversi eserciti (svizzeri, spagnoli, e della Repubblica di Venezia).
Villa Perosini, Fontana
L’impianto dell’edificio, a pianta quadrata risalente al Seicento, ha subito un’unica modifica sostanziale nel XX secolo costituita dall’aggiunta di un’appendice, di ridotte dimensioni, posta a sud-ovest. La costruzione, su due livelli, riproduce la struttura architettonica della tipica villa veneta. La pianta si sviluppa intorno a un salone centrale, esposto a nord, dal quale si accede ai sei locali circostanti; alla fine della sala la scala a tre rampe conduce al piano superiore che ripropone l’assetto distributivo del piano terra.
Casa canonica di Albaredo d’Adige
Addossata al lato lungo della chiesa di Albaredo d’Adige, all’altezza dell’abside, villa settecentesca con impianto a “L”. Ampio giardino e cinta di mura. La facciata principale guarda a est e presenta tre ordini di finestre su nove assi forometrici, di cui due sono posti ortogonalmente per la conformazione ad “L” del volume. Il settore principale della villa è leggermente sporgente ed il pianoterra è ornato a bugnato. La facciata principale è riccamente decorata da cornici modanate per le finestre e da cornice dentellata nel timpano. Al piano primo, 6 le colonne e le lesene ioniche coronate da timpano.
Tratto da: http://it.wikipedia.org – http://www.comune.albaredodadige.vr.it/territorio/ – http://irvv.regione.veneto.it
Veronella
è un comune di 4.771 abitanti della provincia di Verona.
Cenni Storici
Sui dossi di Sabbionara, non lontano da Veronella Alta, tra il XI e il X secolo a.C. si insediò una piccola comunità di protoveneti, che aveva la sua necropoli vicino al laghetto di Caneviera, nei pressi di Desmontà. Gli scavi del 1989, effettuati dalla Soprintendenza Archeologica per il Veneto, hanno riportato alla luce numerosi reperti, tra cui una rara copia di schinieri del X secolo a.C.
Lungo l’antico percorso dell’Adige, che passava per Cucca, i Romani costruirono una “Via Imperialis”, oggi conosciuta come “Via Porcilana” in quanto attraversava Porcile, toponimo della primitiva Belfiore: essa congiungeva Este a San Martino Buon Albergo, innestandosi poi nella via Postumia (che da Verona portava verso Aquileia).
Secondo la tradizione veneta, il 17 ottobre 589 l’Adige ruppe gli argini proprio all’altezza di Cucca provocando una disastrosa alluvione nota come rotta della Cucca
(La rotta della Cucca del 17 ottobre 589 è stata una disastrosa alluvione causata dallo straripamento dell’Adige che, secondo la tradizione storiografica veneta, sarebbe stata la causa dello sconvolgimento idrografico che tra il VI e l’VIII secolo modificò sostanzialmente il panorama fluviale del basso Veneto. Oggi si ritiene poco plausibile che, per quanto disastroso, un singolo fatto possa aver causato lo sconvolgimento improvviso del corso di tutti i fiumi che sfociavano nella laguna di Venezia; piuttosto, un tale sconvolgimento sarebbe il risultato di una serie di eventi, avvenuti nell’arco di più secoli, collegabili sia alla scarsa manutenzione dei fiumi, dovuto al progressivo abbandono delle terre che erano state bonificate in epoca classica, iniziato durante gli ultimi secoli dell’Impero romano d’Occidente, sia a un generale peggioramento delle condizioni climatiche avvenuto a livello mondiale tra il VI e l’VIII secolo, che portò al parziale scioglimento dei ghiacciai e un aumento delle precipitazioni con conseguente progressivo e drammatico incremento della portata dei fiumi. Sempre a seguito di questi sconvolgimenti, si estinse un ramo dell’Adige che passava per Bonavigo, Minerbe, Montagnana, Este, Sant’Elena, Solesino e sfociava nell’antico porto di Brondolo, mentre il letto del corso principale divenne inadeguato a gestire la nuova portata. Inoltre, i Longobardi, in guerra con l’Esarcato di Ravenna, lasciarono il fiume disalveato come difesa naturale contro potenziali attacchi e la campagna inondata si tramutò in palude per secoli).
La Cucca, che dà il nome alla rotta, è l’attuale Veronella, presso la quale anticamente passava un meandro dell’Adige oggi abbandonato.
Il feudo di Cucca, appartenente alla chiesa vicentina, alla fine del secolo XIII era passato sotto il controllo degli Scaligeri. Il primitivo villaggio si era sviluppato attorno ad un castello, sorto su un dosso liscio e tondeggiante come il dorso di una cocciniglia o di una nocciola: da qui il nome “cucca” (dal latino “coccum”). Ancora oggi quell’antica fortezza viene soprannominata “Cucchetta” o “Corte grande”, mentre il toponimo via Borgo sta ad indicare il primo nucleo di case formatosi al di fuori delle mura perimetrali del castello. Agli inizi del 1300 Cucca e Cavalpone erano controllate da Federico della Scala, ma, nel 1325, in seguito ad una congiura, erano passate alla Fattoria Scaligera. Tutto questo territorio, di oltre quattromila campi, veniva donato nel 1382 a Cortesia Marassi di Serego dall’ultimo dei Scaligeri, Antonio, che intendeva così ricompensare il suo fedele capitano per i numerosi servizi prestati durante il suo governo.
Nel 1405, con l’avvento della Repubblica di Venezia, si formava il comune di Cucca, che comprendeva, oltre il capoluogo, i centri abitati di San Gregorio e Miega.
Nel 1466 il vescovo di Vicenza concedeva Miega e Cucca, ai conti di Serego. Sembra che sia stato Pandolfo di Serego, nipote di Cortesia, a far edificare la prima cappella intorno al 1480. Il villaggio che si sviluppò successivamente deve la sua espansione ai Serego, che fin dal Cinquecento godettero dello juspatronato sulla nomina del parroco.
La chiesa di Veronella
Dedicata a San Giovanni Battista, ebbe il suo primo Rettore nel 1388, a cui fu affidato anche un piccolo ospizio per accogliere i pellegrini e i malati poveri. Voluta dai conti di Serego, ne mantennero la proprietà e lo juspatronato fino alla fine della seconda guerra mondiale. Sulla facciata si notano: lo stemma dei conti Serego e le statue di San Giovanni Battista, San Gaetano, San Pancrazio, San Sebastiano e San Rocco.
La Cucchetta o Corte grande
La storia, l’economia e la vita sociale di Veronella, Miega e San Gregorio sono state fortemente condizionate da due nobili famiglie: quella dei conti Marassi di Serego e quella dei Lavagnoli. Le ville rimaste testimoniano lo splendore e la ricchezza di un’aristocrazia che per secoli costituì il volano della società contadina. Quando sia stato costruito il castello di Cucca è ancora incerto. Intorno al mille potrebbe essere stata innalzata una piccola fortezza, che si è ingrandita nei secoli successivi fino a conglobare una possente costruzione, con torri merlate, muraglie e brolo, compreso l’oratorio. Tutto il complesso è passato alla storia con la denominazione di “Corte grande” o “Cucchetta”. Quando nel 1382 arrivarono i conti Serego, fu trasformato in centro agricolo dove confluivano i raccolti delle campagne intorno. Qui venivano ospitati nobili e signorotti che andavano a caccia con il falcone. Qui fu accolto con grandi onorificenze l’imperatore Carlo V, fra il 4 – 5 novembre 1532, mentre era in viaggio presso Mantova-Bologna per incontrare il Papa. Nel XVI secolo la corte subì una trasformazione con la costruzione delle barchesse, su disegno di Andrea Palladio, a cui viene attribuito anche la costruzione della “Botte Zerpana”, un manufatto in cotto per far passare la fossa Sarega sotto l’alveo dell’Alpone. Nel 1775 la parte del castello prospiciente la strada principale fu trasformata in palazzo e scomparve l’ultima torre. Oggi questo importantissimo monumento, a cui è legata l’origine del paese, è da tempo abbandonato, in attesa di un radicale restauro.
Tratto da: http://it.wikipedia.org
Cologna Veneta
è un comune di circa 8.700 abitanti della provincia di Verona, in Veneto. Cologna Veneta è conosciuta in Italia e all’estero per il Mandorlato, il raffinato dolce natalizio. Il territorio si presenta pianeggiante, il paese è infatti da sempre un importante centro agricolo. Cologna è lambita dal fiume Guà.
Cenni storici
Dopo la conquista romana e l’organizzazione cesariana dei Municipia (49-
Devastata nel V-VI secolo dalle incursioni barbariche, Cologna divenne una Statio durante la dominazione longobarda (568-774 d. C.): una leggenda popolare vuole che Rosmunda, moglie uxoricida del re Alboino (572), avesse un castrum o castello in Sabbion. Dopo la dominazione dei Franchi (VIII-IX sec.) e le devastazioni degli Ungari alla fine del IX secolo, Cologna passò in dominio ai Vescovi di Vicenza e, dopo il 1000, fu feudo dei conti Maltraversi, nel ramo dei Malacapella.
Nel 1204 il castello di Cologna divenne possesso degli Este: durante il loro dominio vi soggiornò brevemente S. Francesco d’Assisi (1220). Nel 1239 – durante il conflitto tra Federico II di Svevia e i Pontefici di Roma – Ezzelino III da Romano, capo della fazione imperiale in alta Italia s’impossessò del castello di Cologna e lo tenne per circa vent’anni.
Nel 1260 Cologna passò in dominio agli Scaligeri di Verona al quali, nel 1387, succedettero i Visconti di Milano che stavano tentando di unificare sotto il loro potere tutta l’Italia settentrionale e parte di quella centrale. Ma, con la morte di Gian Galeazzo Visconti (1401), il loro sogno svanì e Cologna fu incorporata nel feudo del Carraresi di Padova (1402) che, però, erano entrati in conflitto con Venezia.
Quest’ultima, nel 1405, li eliminò e incorporò Cologna ed il suo territorio nel Dominio della Serenissima. Il 16 aprile 1406, sotto il doge Michele Steno e per deliberazione del Gran Consiglio, Cologna ed il suo territorio furono aggregati al ‘Dogado’ e associati al Sestier di Dorsoduro, dichiarando “veneziani” i suoi abitanti. Sotto Venezia Cologna godette una meritata pace e divenne fiorente centro agricolo.
Nel 1797, con l’occupazione francese e la pace di Campoformio, Cologna – come gran parte del territorio veneto – passò sotto il dominio austriaco.
Nel 1848 Cologna insorse contro gli austriaci ma fu rioccupata dal Maresciallo Radetzky: solamente dopo la terza guerra d’indipendenza e la successiva pace di Vienna del 3 ottobre 1866 Cologna, come tutto il Veneto, entrò a far parte del Regno d’Italia.
DUOMO o Chiesa Cattedrale
Non si conosce la data della prima Chiesa: è certo che nel 1007 fu riedificata e ampliata dai Colognesi, come testimoniava la scritta posta sotto lo stemma dei Maltraversi, i quali furono signori di Cologna. Quello che oggi si vede è opera di Giannantonio Selva (che ha costruito anche il Teatro
LA TORRE CIVICA o DELL’OROLOGIOSi trova sull’antica porta Cremonese, o Romana, o di Piazza, è del Xll secolo e, nella sua esistenza, ha subito vari interventi: nel 1555 fu rialzata, fu poi restaurata una prima volta nel 1604 e quindi ampliata nel 1842.
http://www.comune.cologna-veneta.vr.it/storia.htm
Pressana
è un comune di 2.596 abitanti della provincia di Verona.
Cenni storici
Numerosi ritrovamenti testimoniano della presenza dell’uomo fin dal Neolitico.
Nel periodo protostorico vi è la presenza dei Veneti, infatti ci sono parecchi ritrovamenti, collegabili con analoghi del basso padovano. A cavallo fra protostoria e storia è il ritrovamento di tombe, a Sant’Agata, con corredo funebre appartenente ai Liguri che testimonia la presenza di famiglie liguri immigrate dopo l’apertura della via Postumia .
Il periodo romano
Le legioni romane arrivarono nell’89 a.C. e dopo il 31 a.C. (battaglia di Azio) Ottaviano Augusto assegnò le terre ai reduci dell’XI legione al fine di costituire una colonia. Come tutta la zona si costituì il reticolato di centuriazione.
Non vi sono strutture presenti dell’epoca romana in quanto la decadenza e la trasformazione del territorio in palude dopo la rotta della Cucca (v.s opra), ha cancellato tutte le strutture composte. Restano numerose tracce nella toponomastica (alcune delle vie di Pressana sono trasformazioni dei toponimi romani, come la via Carbon dal latino Cardo, la via Carobale dal latino Cardo vallis e la via Calmaora dal latino Callis major).
Restano anche tracce della forte presenza coloniale, come villae rusticae, domus, sepolcreti familiari e opifici vari, nonostante fino ad adesso sia stata trascurata la ricerca sistematica di queste strutture (i piccoli ritrovamenti, a volte in ottimo stato, sono al vicino museo civico archeologico di Cologna Veneta).
È probabile che i Goti di Teodorico ed i longobardi abbiano dominato la florida colonia romana in quanto ci son tracce in documenti di sculdascia Fluminis Novi che dovrebbe essere anche nel territorio di Pressana visto che viene citato il Guà detto anche fiume nuovo. La presenza dei Goti viene rafforzata dal toponimo Sant’Agata, santa a cui erano particolarmente devoti.
Il medioevo
Dopo la rotta ella Cucca, per un periodo di 400 anni, il territorio si trasformò in palude.
Verso il X secolo iniziò la bonifica voluta dal Papa e attuata con la presenza dei Benedettini dal 950. Il nuovo assetto territoriale servito dai fiumi per i trasporti rende appetibile di nuovo la zona. Nel 1077 gli Estensi ottennero il controllo delle isole (sparse) intorno Pressana dall’imperatore Arrigo IV durante il suo breve regno. Oltre a feudi di famiglie in questo periodo nascono i feudi monastici, l’8 marzo 1036 viene costituito con dono del vescovo Giovanni il feudo del monastero di San Nazario e Celso di Verona, che comprende Pressana ed altre isole. In un altro atto notarile di donazione al monastero, il 3 aprile 1169 dove appare per la prima volta il toponimo di Pressana, e di Roveredo, …in campanea prexane et in campanea rovereti que sunt quadraginta octo campi… L’attuale comune di Pressana si trovò diviso fra tre proprietari religiosi, oltre al monastero veronese era presente la Diocesi di Vicenza e il monastero di S.Giorgio in Braida di Verona in località Sabbion. Con la bonifica, il lago si trasformò in terra per azienda agricola e le strutture passarono ai nobili veneziani Querini che vi costruirono, probabilmente, la prima villa veneziana in terraferma, ovvero la più antica Villa Veneta.
Ezzelino da Romano nel 1234 invase il territorio del comune, e con un comportamento da neobarbaro esiliò l’abate Bonifacio dopo essersi impossessato di tutti i beni. Dal 1282 governarono gli Estensi per un breve periodo. Pressana divenne poi territorio conteso fra Scaligeri e padovani e nel 1312 il paese fu dato alle fiamme e distrutto dai padovani. La ripresa ed il controllo degli scaligeri iniziò un periodo di tranquillità e prosperità. La fine della dinastia scaligera fece ritornare incertezza e distruzioni e nel 1402 i pressanesi si sollevarono contro i Carraresi di Padova ed anticiparono il dominio di Venezia rispetto alle terre dei vicini.
Assieme ai colognesi e ai vicini, giurarono fedeltà alla Serenissima il 2 giugno 1405 e il Doge li unì al Sestiere di Dorsoduro il 26 marzo 1406, divenendo di fatto dominio diretto di Venezia.
Sotto Venezia iniziò un lungo periodo di pace e prosperità con forti investimenti che finirono la bonifica e portarono ad una specializzazione nella produzione e macerazione della canapa. Divenne persino residenza di campagna di famiglie veneziane, alcune ville venete mantengono il nome di potenti famiglie veneziane.
Tratto da: http://it.wikipedia.org