Le Ville della Riviera del Brenta: comune di Strà
|38) Villa Pisani, detta Nazionale; 39) Villa Foscarini, Negrelli, Rossi; 40) Villa Benzi, Smania; 41) Villa Loredan, Carminati, Rova, Smania; 42) Villa Pisani, detta “la Barbariga; 43) Villa Cappello, Giantin; 44) Villa Carpi, Jager, Granata, Pizzo, Moreno, Zuin; 45) Villa Moro, Mischiato, Bedendo; 46) Villa Marin, Fattore.
38. Villa Pisani, detta Nazionale
Il complesso, costituito da un lungo blocco centrale a tre piani con ali a C su due livelli, comprende un’area di circa 10 ettari circondata da una cinta muraria con numerosi varchi monumentali e si affaccia sul Brenta, a Strà.
La facciata principale è ritmata da otto semicolonne corinzie giganti ed è coronata da un timpano dentellato con lo stemma Pisani al centro e statue in sommità, opera del Bonazza. Quattro telamoni e quattro teste di leone reggono il lungo balcone di rappresentanza. All’interno, un atrio colonnato offre un suggestivo scorcio verso il giardino: la peschiera novecentesca si allunga fino alle scuderie e alle cedraie affrescate internamente e protese a semicerchio verso il giardino. Nel parco: un belvedere esagonale, la Casa e il Magazzino del giardiniere, la Coffee House su una collinetta artificiale con ghiacciaia decorata a grottesche e trompe-l’oeil, il labirinto di sempreverdi con torretta centrale, il gazebo e la seconda ghiacciaia con sculture. A nord-est, la vaseria degli agrumi e il parterre geometrico per l’esposizione delle piante con statue e serre; a oriente i vivai, il blocco con la caldaia novecentesca e la Conserva degli Agrumi. Il primo giardino alla francese sfoggiava piante caducifoglie potate per avere una visione completa del contesto e altifusti solo nel settore occidentale e in prossimità del Magazzino del giardiniere; in seguito, furono introdotti altifusti lungo i viali e vicino alla Coffee House per conferirgli un’atmosfera romantica.
La reggia fu commissionata nel 1720 per celebrare l’elezione a doge di Alvise Pisani. Il progettista, Girolamo Frigimelica, alla sua morte (1732) aveva ultimato solo il parco e iniziato il blocco residenziale, finito poi da Francesco Maria Preti (1736). Notevole il salone delle feste, in doppia altezza con ampio ballatoio impreziosito da decorazioni di Giambattista Tiepolo e del quadraturista Girolamo Mengozzi Colonna. Numerosi gli altri artisti impegnati negli interni: Jacopo Guarana, Fabio Canal, Jacopo Amigoni, Giancarlo Bevilacqua, Andrea Celesti, Bartolomeo Nazzari, Sebastiano Ricci, Francesco Simonini, Pietro Visconti, Andrea Urbani, Giuseppe Zais e molti altri. Sfarzose le collezioni di arredi settecenteschi; pregevoli gli stucchi, le tappezzerie e i pavimenti in terrazzo veneziano.
Vi soggiornarono il granduca Paolo di Russia, l’arciduchessa Maria Elisabetta, Gustavo III di Svezia. Napoleone la abitò dal 1807, poi il viceré d’Italia Eugenio Beauharnais. Nel 1814 andò alla corona austriaca e a casa Savoia. Dal 1886 di proprietà dello Stato, vide lo storico incontro tra Hitler e Mussolini (1934). D’Annunzio si ispirò al labirinto per una scena del romanzo “Il Fuoco”.
Apertura al pubblico: –
Casa dominicale-barchesse-annessi: martedì-domenica 9.00-19.00;intero € 5 ridotto € 2
Solo Esterno parco martedì-domenica 9.00-19.00 intero € 2
39. Villa Foscarini, Negrelli, Rossi
Il complesso trova sede lungo la riviera del Brenta, in Comune di Strà (VE). Un muro di cinta delimita la proprietà costituita dalla dimora, una foresteria, una scuderia e un piccolo parco con alberi ad alto fusto lungo il perimetro, aree a prato all’interno, un laghetto a nord-ovest e giardini con aiuole in prossimità dei due edifici principali. Due ingressi portano direttamente alla foresteria, mentre la casa possiede un accesso laterale attraverso il portico ricavato nella sua estremità destra.
La villa fu probabilmente costruita all’inizio del ‘600 da Vincenzo Scamozzi seguendo i disegni di Andrea Palladio e venne rimaneggiata nel periodo neoclassico da Giuseppe Jappelli. I primi proprietari furono i Foscarini, seguirono i Negrelli e dal 1988 la famiglia Rossi, proprietaria del Calzaturificio Rossimoda.
La dimora padronale è costituita da un blocco in tre piani con fronte principale tripartito. Nella parte centrale, su di un basamento alto quanto il piano terra, si sviluppa il pronao aggettante composto da otto colonne ioniche reggenti il frontone dentellato sormontato da tre statue con l’ariosa loggia del piano nobile. Le parti laterali presentano le tre classiche serie di aperture; le finestre del pianterreno e della loggia sono decorate nella parte superiore da formelle rettangolari in terracotta mentre il portone centrale (oggi inutilizzato) da una lunetta. Alle estremità dell’edificio, la cappella e l’ingresso attuale, entrambi con un ampio terrazzo sulla copertura in corrispondenza del piano nobile e, sulla parte sommitale, quattro vistosi pennacoli.
Gli interni sono di tipo tradizionale: saloni centrali e vani secondari ai lati. Tracce di affreschi si rinvengono sul vano scala; pregevoli le tempere della stanza Gotica ed Egiziana.
Isolata dalla villa, la foresteria. Nell’interno, ritroviamo il blocco centrale di rappresentanza con il salone interamente decorato da affreschi eseguiti nel 1652 da Domenico De Bruni
Oggi la villa è diventata Museo della Calzatura, la foresteria luogo di convegni, ricevimenti e concerti e la scuderia residenza privata di alcuni dei componenti della famiglia Rossi.
Apertura al pubblico
Casa dominicale – Barchesse e annessi – Esterno parco
Estate: tutti i giorni escluso lunedì; Inverno: solo mattina da lunedì a venerdì
Biglietto di ingresso: Prezzo intero € 5 Prezzo ridotto € 2,5 / 3,5 gratuito fino 12 anni
La villa sorge nei pressi della riva destra del naviglio Brenta a San Pietro di Stra, in una località denominata anche “Barbariga” o “Fiessetto”. Il lotto di terreno confina a destra con le pertinenze di villa Pisani “Barbariga”.
La presenza di proprietà della famiglia Benzi nell’area sono documentate già a partire dal 1537, quando Bernardino di Giacomo Benzi dichiara di possedere 28 campi. La famiglia Benzi (Bensi o Benci) era originaria del Piemonte, ma si stabilì a Venezia con Antonio assoldato della signoria come comandante di cavalleria. Nel 1635 Benigno Benzi si unì in matrimonio con Valeria Girardi Zecchini, accettando di unire al proprio cognome quello di Zecchini. Negli anni successivi la villa rimase dei Benzi sino a che, nel 1837. In seguito, la proprietà passò ai Pisani-Zusto-De Lazzara e, infine, agli attuali proprietari Smania.
La costruzione della villa sembra dunque assegnabile, sulla base delle evidenze documentarie e dell’assetto architettonico, ai primi decenni del Seicento, con successivi importanti interventi settecenteschi.
La villa si compone di un blocco dominicale, di dimensioni contenute, al quale si aggancia verso ovest un piccolo fabbricato di servizio. Il corpo edilizio ha forma rettangolare, si sviluppa per due piani principali più un sottotetto nella parte centrale.
Entrambe le facciate s’impostano a partire da una grande seriliana, con cornici in pietra e balcone, posta al centro del primo piano; a fianco di questa sono collocate finestre con profilo ad arco, mentre al piano terra sono presenti semplici aperture architravate.
Tra due finestre quadrate, rimane traccia di un affresco recante lo stemma Benzi con il motto «peregrinatio et militia».
Nel salone terreno sono presenti consistenti frammenti di un ciclo pittorico con scene agresti.
La villa è circondata da un’area verde a giardino con statue, all’interno del quale si segnala la presenza di una collinetta artificiale, con piccolo fabbricato in mattoni antistante, all’interno della quale è ospitata una ghiacciaia.
L’ambiente interno della ghiacciaia, a pianta circolare, è stato adibito dal proprietario a museo di recipienti in vetro e terracotta.
41. Villa Loredan, Carminati, Rova, Smania
Il complesso sorge sulla riva destra del naviglio Brenta, in località San Pietro di Stra.
La villa era costituita originariamente da due fabbricati con caratteri architettonici uniformi, oggi di diversa proprietà e separati mediante una recinzione in rete metallica. In questo senso si tratta di un complesso articolato su due blocchi edilizi gemelli e simmetrici, separati da un giardino e racchiusi, tutto attorno, da un muro di cinta.
La proprietà della villa risulta essere stata sin dal principio della famiglia patrizia veneziana dei Loredan da Santo Stefano. La notizia più antica risale ai primi del Cinquecento.lasciando intendere che la costruzione della villa, decisa da Girolamo Loredan, fu compiuta entro i primissimi anni del secolo. Nei documenti famigliari risalenti alla fine del Cinquecento ricorre spesso la distinzione dei due blocchi in “casa delle donne” e “casa degli uomini”. L’assetto architettonico giunto sino a noi è però il frutto di una radicale ristrutturazione condotta, riutilizzando parte delle antiche strutture d’origine cinquecentesca, tra il 1753 e il 1760, su commissione del doge Francesco e del fratello Giovanni Loredan, ultimi discendenti maschi del casato. Così, i due nuovi fabbricati, similari nelle dimensioni, furono nettamente differenziati nella destinazione d’uso: quello occidentale, divenne il palazzo dominicale riservato all’uso del padrone; quello verso est fu deputato all’uso del gastaldo e di altri salariati.
Nell’Ottocento i beni passarono alla famiglia Carminati e poi ad altri privati. Attualmente l’edificio di levante è di proprietà privata, mentre l’immobile a ovest con tutto il parco è di proprietà del Comune di Stra.
Il palazzo dominicale, quindi, è a tre piani; presenta una pianta di forma irregolare con orientamento nord-sud; l’impianto planimetrico, fortemente alterato nel corso degli anni, non presenta la tradizionale struttura tripartita, il salone, infatti, è disposto in linea con il prospetto. La facciata principale non denota particolari di rilievo e s’imposta a partire da una trifora, con luce centrale più ampia, collocata al primo livello con corto balcone in pietra sostenuto su modiglioni; tutte le finestre del primo piano sono con profilo ad arco, le rimanenti rettangolari. In alto al centro è presente uno stemma della famiglia Carminati. È tuttora conservato un vano, collocato a meridione e sporgente rispetto il muro perimetrale, all’interno del quale era ospitata la cappella gentilizia; resta l’altare di marmi policromi.
Nel giardino, aperto al pubblico, e sui pilastri di accesso alla proprietà sono presenti statue di fattura settecentesca. Il complesso non si presenta in buono stato di conservazione
42.Villa Pisani Giustinian, detta “la Barbariga”
Usata a lungo come elegante casa dominicale e base per la caccia alla lepre, come ricordano le statue ospitate sotto il porticato neoclassico e ispirate ai cacciatori dipinti dal Longhi, la Villa Pisani Giustinian talora detta ‘la Barbariga’ (ma alcuni studiosi contestano l’attribuzione) sorge quasi davanti alla Villa Nazionale, sull’atra riva del Brenta, e anche alla enorme fama della dirimpettaia (oltre che all’essere privata e poco visitabile) deve il suo essere immeritatamente meno nota al grande pubblico. L’armonia dell’architettura, il giardino, gli orologi, gli affreschi ne fanno, infatti, una delle ville più belle della Riviera.
Il lungo corpo di fabbrica della villa e degli annessi di servizio si colloca sul margine nord-ovest di un vasto lotto di terreno in gran parte occupato da un parco, delimitato a nord dall’asta fluviale e a sud dalla viabilità pubblica.
Le prime notizie sulla villa risalgono alla seconda metà del Cinquecento, quando, nel 1581, Marco Pisani, del ramo detto dal Banco, dichiara al fisco di possedere in località Fiessetto di Stra un possedimento fondiario di otto campi con casa dominicale, orto e brolo, acquistato in precedenza dagli eredi di Flaminio Mazza. Per i decenni seguenti, i documenti rimasti attestano la costante frequentazione della villa da parte della famiglia.
Data al 1709 circa l’incisione pubblicata da Coronelli, che restituisce l’immagine della villa al termine di questa fase: un corpo di fabbrica di piccole dimensioni con tipico impianto tripartito, a un piano e ammezzato superiore; un giardino ad aiuole si stende tra la casa dominicale e il fiume. È un assetto, quindi, che lascia ipotizzare un’edificazione avvenuta nel corso dei primi decenni del Seicento.
La villa sorge nel centro abitato, a poca distanza dall’argine sinistro del naviglio Brenta, in località un tempo denominata Fossolovara.
Sulle proprietà della famiglia Cappello presso Stra le notizie documentate risalgono ai primi decenni del Cinquecento. Nei secoli successivi l’assetto proprietario rimase sostanzialmente immutato, mentre l’entità edilizia del complesso veniva arricchita: nel 1740 oltre al palazzo dominicale, si menziona l’esistenza di un giardino, un orto e un “casino”. La proprietà della famiglia Cappello perdura sino all’epoca napoleonica.
Nel 1807 il complesso fu acquisito dal demanio pubblico e accorpato alle pertinenze di villa Pisani “Nazionale”, nel frattempo divenuta residenza di Eugenio Beauharnais. In seguito, la villa conosce una sorte assai travagliata e legata a usi militari: residenza di ufficiali e governatori austriaci, mentre il fabbricato adiacente è impiegato come caserma.
Ora l’edificio è di proprietà della famiglia Giantin.
La documentazione storica sinora raccolta e i caratteri architettonici della villa, lasciano presumere un intervento costruttivo attorno alla metà del Seicento, probabilmente condotto su un nucleo edilizio cinquecentesco preesistente. Una conferma è data anche dalla data, 1647, segnata sulla tela collocata nel soffitto del vano scala. Le numerose incisioni settecentesche, mostrano la villa nel momento del suo sviluppo definitivo, sostanzialmente immutato sino a oggi.
Il blocco residenziale si sviluppa su tre livelli, di cui un seminterrato, due piani principali e un mezzanino ai lati del secondo livello; presenta una pianta rettangolare e un impianto tradizionale con salone passante.
Sul retro della villa, verso nord, è presente un giardino organizzato su due parterres geometrici in bosso e piante d’alto fusto verso il muro di confine. Sul fondo della proprietà, presso l’angolo nord-est, sorge un fabbricato di servizio impostato su campate ad arco e grandi paraste doriche che scandiscono i prospetti.
44 Villa Carpi, Jager, Granata, Pizzo, Moreno, Zuin
La villa sorge nei pressi della riva destra del naviglio Brenta, all’interno di un ampio lotto di terreno delimitato a nord dal fiume e a sud dalla strada comunale.
Sulle vicende storiche del complesso si possiedono per ora scarse notizie, di sicuro alla metà del Settecento era proprietà della famiglia Jager, mentre in precedenza sembra fosse appartenuta alla famiglia Carpi. Nei secoli seguenti, e soprattutto nel Novecento, si susseguirono numerosi passaggi di proprietà, i quali si riflettono nella denominazione della villa, nota anche come Granata, Moreno, Pizzo, Zuin.
Le caratteristiche architettoniche della villa, dunque, in assenza di riscontri documentari fondati, sembrano riferirsi a una fase costruttiva settecentesca, probabilmente condotta su immobili preesistenti.
Il complesso è composto di un blocco dominicale e da alcuni fabbricati rurali di servizio. L’edificio principale ha forma quadrangolare e si sviluppa su due piani principali, più un sottotetto in corrispondenza delle sopraelevazioni, presenti su tre lati; la pianta segue lo schema tradizionale tripartito: salone passante e quattro stanze, due per parte, ai lati. Agganciate al corpo di fabbrica, verso est e ovest, sono due ali a un piano con terrazzo superiore. Tali appendici sono connotate da un porticato continuo, parzialmente tamponato nell’ala est, impostato su archi poggianti su colonne doriche in pietra.
Sulla composizione delle facciate spiccano gli accessi del piano terra, entrambi incorniciati da identici portali in pietra di gusto tardo seicentesco; paraste ioniche con specchiature sorreggono un timpano ad arco ribassato e cartiglio centrale. Sulla facciata meridionale, in alto al centro, è presente un grande stemma gentilizio incorniciato da ricco cartiglio. Tutto il complesso, a più riprese oggetto d’interventi di manutenzione e restauro, si presenta in ottimo stato di conservazione.
45. Villa Moro, Mischiato, Bedendo
Collocato lungo la statale 11, in località Fossolovara di Stra, il complesso edilizio occupa il settore mediano di un lotto di terreno delimitato, a sud, dal tracciato della strada statale, sino alla metà dell’Ottocento sede dell’alveo del naviglio Brenta, negli altri lati da proprietà private. Sinora le notizie raccolte in merito alla vicenda storica della villa datano a partire dalla seconda metà del Seicento. Sembra così che in quel periodo la proprietà fosse della famiglia Malipiero, da cui, alla metà del xviii secolo, passò per via ereditaria ai Moro, i quali mantennero la proprietà sino agli inizi del secolo successivo. Nel 1810 tutto il patrimonio immobiliare di Michele Moro Lin fu posto all’incanto e successivamente, nel 1851, la villa passò dal marchese Girolamo Riccini a Giovanni Mischiato; infine ai Mischiato subentrarono, per ragioni ereditarie, gli attuali proprietari, la famiglia Bedendo.
Attualmente il complesso è composto dal corpo di fabbrica dominicale, di forma rettangolare e a due piani principali e mezzanini, e da due barchesse, una agganciata sul fianco est, l’altra leggermente staccata dal nucleo abitativo e orientata secondo l’asse nordsud.
L’edificio residenziale è composto di un corpo centrale preceduto da una scala doppia, che conduce direttamente al piano nobile. Le due ali laterali sono connotate da finestre rettangolari, che riprendono la forma di quelle al centro, e da oculi ovali a livello del sottotetto.
Le caratteristiche del nucleo residenziale, quindi, impostato sul consueto schema d’impianto tripartito, con saloni passanti sia al piano terra che e al primo piano, sembrano poter essere datate al Settecento.
Tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento è da assegnare la costruzione dell’appendice neo-medievale addossata al margine occidentale della villa e articolata come finta rovina: in mattoni, con aperture ogivali bugnate e merli a coda di rondine a coronamento. Sull’edificio delle ex scuderie, agganciato a destra della villa, le prime tre campate sono inquadrate da arcate ogivali a trilobate, cui si affiancano due trifore cosiddette “gotiche” sovrapposte.
Gli ambienti interni della villa conservano decorazioni pittoriche eseguite alla fine dell’Ottocento e attribuite all’artista veneto Ponga.
Di fronte alla villa è un piccolo giardino, dove un viale rettilineo, con slargo centrale occupato da una fontana, divide lo spazio in due settori dove sorgono alberi d’alto fusto; sparse in diversi punti sono alcune statue e vere da pozzo.
La villa sorge sul margine ovest di un lotto posto nei pressi della chiesa di Paluello, confinante verso nord con le pertinenze di palazzetto Tosoni. Non si hanno al momento notizie documentate in merito al periodo di fondazione, né sulla proprietà originaria.
L’edificio compare come possedimento della famiglia Antelmi in un disegno del 1786-87, pubblicato da Baldan. L’assetto complessivo fa pensare a una costruzione eretta tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, forse anche riutilizzando strutture preesistenti. Nel 1882 il corpo padronale fu oggetto di un profondo restauro, il quale comportò anche un riassetto decorativo degli interni. Il complesso si compone del blocco dominicale al quale si aggregano annessi di servizio e un oratorio. La villa, di forma quadrata, è impostata secondo uno schema planimetrico tradizionale a salone passante e si sviluppa su tre piani, di cui due maggiori e un sottotetto.
La facciata principale è esposta a sud e s’imposta a partire dall’asse centrale sul quale si attestano, al piano terra, il portale ad arco e cornici in pietra; assai simile nelle modanature è anche la balaustrata lapidea che campeggia al livello superiore; la centralità è inoltre segnalata da una cornice modanata in aggetto posta sopra il balcone e allargata a comprendere anche le due finestre laterali. Questa composizione è ripresa nella facciata secondaria a nord. Fasce d’intonaco rilevate, e corrispondenti ai davanzali e agli architravi delle finestre, corrono lungo tutte le facciate suggerendo una sorta di continuità stereometrica del fabbricato. L’oratorio sorge separato a est dell’edificio principale: a pianta rettangolare, presenta una facciata a doppio registro: al primo livello paraste doriche sorreggono un fronte templare semplificato, sopra il quale si appoggia una sorta di piano attico a profilo curvilineo, su cui sono poste tre piccole statue, una al centro e due ad acroterio.
Un certo interesse rivestono i due portali collocati lungo i muri perimetrali laterali, nord e sud, e le statue collocate sui pilastri dei cancelli d’ingresso. Nel complesso la residenza padronale si presenta in un discreto stato di conservazione, mentre gli annessi e le strutture ornamentali rivelano un mediocre stato di manutenzione.
Bibliografia e siti di riferimento: