Le Città Murate in Veneto
|LE CITTA` MURATE in Veneto
Le numerose città murate presenti in Veneto, testimoniano lo splendore del mondo medioevale che, dopo le invasioni distruttrici degli Ungari dell’anno 899, si caratterizzò per il fiorire nelle città e nelle campagne di architetture militari.
Anche se la Regione Veneta ha censito molte altre città murate (v. elenco sotto), in questo contesto abbiamo considerato solo quelle che secondo noi conservano ancora gran parte delle mura che cingevano le città a scopo difensivo, escludendo quindi i semplici castelli, anche se molto importanti e affascinanti.
Provincia di Padova:
Provincia di Treviso:
Provincia di Venezia:
Provincia di Verona :
Provincia di Vicenza:
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Elenco delle Città Murate del Veneto censite dalla Regione Veneto
(DGR n. 2956/03, DGR n. 1590/04, DGR n. 272/09)
PROVINCIA DI BELLUNO
COMUNE DI BELLUNO
COMUNE DI FELTRE
COMUNE DI PIEVE DI CADORE
PROVINCIA DI PADOVA
COMUNE DI CAMPOSAMPIERO
COMUNE DI CITTADELLA
COMUNE DI ESTE
COMUNE DI MONSELICE
COMUNE DI MONTAGNANA
COMUNE DI PADOVA
COMUNE DI PIOVE DI SACCO
COMUNE DI S. MARTINO DI LUPARI
PROVINCIA DI ROVIGO
COMUNE DI ROVIGO
PROVINCIA DI TREVISO
COMUNE DI ASOLO
COMUNE DI CASTELFRANCO VENETO
COMUNE DI CASTELLO DI GODEGO
COMUNE DI CONEGLIANO
COMUNE DI ODERZO
COMUNE DI ORMELLE
COMUNE DI PEDEROBBA
COMUNE DI PORTOBUFFOLÈ
COMUNE DI RONCADE
COMUNE DI SAN ZENONE DEGLI EZZELINI
COMUNE DI VITTORIO VENETO
COMUNE DI TREVISO
PROVINCIA DI VENEZIA
COMUNE DI CHIOGGIA
COMUNE DI CONCORDIA SAGITTARIA
COMUNE DI NOALE
COMUNE DI PORTOGRUARO
COMUNE DI VENEZIA
PROVINCIA DI VERONA
COMUNE DI BARDOLINO
COMUNE DI COLOGNA VENETA
COMUNE DI LAZISE
COMUNE DI LEGNAGO
COMUNE DI MALCESINE
COMUNE DI PASTRENGO
COMUNE DI PESCHIERA DEL GARDA
COMUNE DI RIVOLI VERONESE
COMUNE DI SOAVE
COMUNE DI TORRI DEL BENACO
COMUNE DI VALEGGIO SUL MINCIO
COMUNE DI VILLAFRANCA VERONESE
COMUNE DI VERONA
PROVINCIA DI VICENZA
COMUNE DI ARZIGNANO
COMUNE DI BASSANO DEL GRAPPA
COMUNE DI BRENDOLA
COMUNE DI LONIGO
COMUNE DI MAROSTICA
COMUNE DI VICENZA
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Padova
Quando si parla di Mura, a Padova, ci si riferisce di solito alla cinta cinquecentesca veneziana, quella che a tutti capita di incrociare o costeggiare ogni giorno, ogni volta che si attraversi la città. Delle mura medievali pochi si accorgono e sicuramente c’è chi pensa che porta Molino e Porta Altinate facciano parte delle stessa cinta delle altre cinque porte rimaste.
Le mura romane di Padova. Solo da pochi anni buona parte degli studiosi che si occupano della Padova antica e in particolare della Patavium romana, sono giunti alla conclusione che i ripetuti ritrovamenti di tratti di muratura in grossi blocchi di trachite lungo il perimetro interno dell’ansa fluviale che circonda il centro della città non possono essere più letti come semplici argini, ma devono essere considerati parte di un vero e proprio circuito di mura, anche se forse non con funzione difensiva quanto piuttosto rappresentativa.
Soprattutto il tratto ritrovato in largo Europa, con la sua altezza e il suo spessore, depone a favore di tale ipotesi, che rimane comunque da confermare, come rimane da chiarire se queste mura cingessero soltanto l’insula formata dalla prima ansa dell’antico corso d’acqua, come sembrerebbe (e dove eventualmente corresse il tratto sud), o si estendessero anche alla parte di città entro la controansa come parrebbe più logico, visto che la città già allora le occupava entrambe.
Le mura comunali di Padova. Nel 1195 il Comune di Padova dà inizio alla costruzione delle nuove mura, a difesa del nucleo centrale della città, quello racchiuso nell’insula, anticamente formata dalla prima ansa del Meduacus, ma ormai delimitata dai due rami del Bacchiglione, noti in epoca moderna come Tronco Maestro e Naviglio interno (quest’ultimo oggi in gran parte tombinato), che ancor oggi si separano all’altezza del castello e si ricongiungono all’esterno delle Porte Contarine.
Ne sopravvivono oggi pochi tratti, inglobati nelle abitazioni, soprattutto lungo riviera Albertino Mussato, via Tolomei e riviera Mugnai e ancora in largo Europa (sotto la torre medoacense), in riviera dei Ponti Romani (all’interno di un negozio di articoli sportivi) e in riviera Tito Livio. I due tratti meglio conservati sono però quelli che delimitano i lati sud e ovest del castello.
Delle quattro porte regales indicate dal cronista trecentesco Giovanni da Nono ci rimangono Porta Altinate e Porta dei Molini, più una quinta, presto dimenticata perché inglobata nell’ampliamento ezzeliniano del castello e riscoperta solo di recente.
Ancora in epoca comunale furono poi realizzati altri tratti di mura o spaldi, all’esterno della cinta primitiva, in un processo di continuo ampliamento delle fortificazioni, ad inglobare le successive aree di espansione della città, processo che continuerà e si completerà in epoca carrarese.
Il castello di Padova
La dismissione del carcere avvenuta alla fine del secolo scorso ha riconsegnato alla città, che lo sta lentamente riscoprendo, uno dei suoi monumenti più importanti, che, proprio per il quasi bisecolare utilizzo come carcere, era stato del tutto dimenticato, nonostante la presenza di una piazza Castello e, poco distante, di una torre di aspetto inequivocabile, ma per i padovani ormai nota solo come torre della Specola, essendo stata per oltre due secoli l’osservatorio astronomico dell’Università.
Sotto le spoglie del carcere sta dunque ritornando alla luce, pur mutilo in molte sue parti, un castello che nella sua forma finale, quella datagli dai Da Carrara e in particolare da Francesco il Vecchio negli anni fra il 1374 e il 1378, fu non solo una struttura militare, ma una residenza signorile di grande magnificenza, decorata di affreschi, che si stanno riportando alla luce, con eleganti logge, purtroppo perdute, e quant’altro si addiceva alla residenza di un monarca.
Il castello di Padova non nacque con i carraresi. Un piccolo castello, attorno alla Turlonga, oggi Specola astronomica, sorse già nell’XI secolo. Con la ricostruzione di Ezzelino III da Romano fu ampliato fino a raggiungere probabilmente l’estensione che poi conservò nella successiva ricostruzione trecentesca. Ma furono senza alcun dubbio i carraresi, e Francesco il Vecchio in particolare, a farne la reggia che oggi sappiamo essere stato il castello carrarese. Definizione che può quindi essere accettata, accanto a quella, forse più corretta, vista la sua lunga storia precedente, di castello di Padova.
Le mura carraresi di Padova . Ben poco rimane oggi delle mura medievali di Padova: se à ancora leggibile, pur in modo molto frammentario, la cerchia più interna, eretta dal Comune fra il 1195 e il 1210, quasi nulla rimane degli ampliamenti succedutisi fra tarda epoca comunale e albori della signoria (la cosiddetta seconda cerchia) e praticamente nulla della cortina più esterna, quella propriamente di epoca carrarese (terza cerchia).
Quest’ultima fu interamente demolita nella prima metà del Cinquecento per essere sostituita dalla nuova cinta bastionata veneziana, che peraltro ne seguì a grandi linee l’andamento. Quanto ai tratti intermedi (seconda cerchia), furono progressivamente demoliti avendo perso ogni funzione militare: se, al contrario, la cinta comunale è in buona parte sopravvissuta fino al Novecento (per poi scomparire in parte nel corso del secolo) è stato grazie alle abitazioni che vi si erano addossate nel corso dei secoli e alla presenza dei canali che le circondavano.
Rimangono, di epoca carrarese o di poco precedenti, un breve tratto del ramo delle Acquette delle mura intermedie (o della seconda cerchia) in via Dimesse, la torre e un tratto di muro della cinta della cittadella vecchia (oggi piazzetta Delia), la torre della Catena o del Soccorso (nota anche come torre del Boia o del Diavolo), con il recinto del Soccorso, un piccolo tratto del recinto della porta della Saracinesca, oltre a poche vestigia di incerta lettura (p.e. in piazzale Savonarola o nell’area dell’obitorio), o all’interno di edifici (casa Breda a S. Sofia), o ancora viste e rilevate nel corso di scavi archeologici (viale della Rotonda).
Rimane per fortuna, e lo si sta via via riscoprendo, il castello, nella forma, seppur mutila, che acquisì in epoca carrarese, e rimangono poche ma significative tracce dell’antica magnificenza della curia, o reggia come la si definisce oggi, dei signori Da Carrara, come pure del traghetto, il lungo viadotto che collegava la reggia alle mura comunali e attraverso queste al castello.
Le mura rinascimentali di Padova. Con la fine della guerra contro la Lega di Cambrai, che ne aveva messa in grave pericolo la stessa sopravvivenza, la Serenissima decide di dotare Padova, la più importante città della terraferma, di un nuovo sistema bastionato adeguato alle nuove tecniche belliche, caratterizzate dall’uso esteso delle artiglierie, per sostituire le trecentesche mura carraresi, già ampiamente modificate durante l’assedio del 1509 proprio per resistere all’urto dei cannoni.
Dal 1513 i lavori prendono impulso sotto la guida di Bartolomeo d’Alviano, proseguendo poi per qualche decennio sotto la direzione di altri uomini d’armi e architetti, ultimi dei quali i Sanmicheli, non senza lunghe pause e ripensamenti che determinano la struttura composita del sistema, con bastioni di varia foggia, e in qualche caso mai completati, come il Castelnuovo, la possente fortezza progettata a Ognissanti ma divenuta inutile dopo il definitivo assestamento dei confini oltre Verona.
Gli ultimi baluardi, Cornaro e Santa Croce, vengono completati negli anni cinquanta del ‘500.
Le mura veneziane di Padova non subiranno mai attacchi o assedi, ma delimiteranno la città e determineranno la forma che essa conserverà fino all’inizio del XX secolo, quando inizierà l’espansione all’esterno delle cinta. Tratto da http://www.muradipadova.it/
Ns. itinerario di riferimento:
Ciclo percorso ad anello:”Il Centro di Padova e i suoi canali” (gen.2011 – 25 km c.a)
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Este
Dopo il crollo dell’Impero romano d’Occidente, l’abitato di Este subì un rovinoso attacco da parte delle truppe di Attila, riducendosi ad un semplice villaggio rurale.
La città rinacque dopo il Mille, raccogliendosi intorno al castello del suo feudatario Azzo, poi Azzo II d’Este. I Signori di Este, dopo aver ottenuto il titolo marchionale, diedero vita ad una delle principali dinastie italiane e trasferirono la loro capitale a Ferrara (1239).
Conquistata per ben due volte da Ezzelino da Romano, che ne fece distruggere il Castello (1238 e 1249), Este nel XIV secolo fu contesa fra gli Scaligeri, i Carraresi ed i Visconti fino all’atto di spontanea sottomissione a Venezia nel 1405, che segnò l’inizio di un lungo periodo di pace.
Castello: L’attuale edificio risale agli anni ’40 del XIV secolo e fu edificato sulle rovine della precedente fortificazione, distrutta nel 1238 dalle truppe di Ezzelino da Romano. Il nucleo più antico, risalente al periodo delle grandi invasioni, è rappresentato da una cerchia di mura con una chiesetta e un grande edificio centrale. La prima struttura fu incorporata a partire dall’XI secolo in una serie di cinte murarie e di fabbricati residenziali fino a quando, intorno alla metà del XIII secolo, il marchese d’Este restaurò il castello in senso difensivo. La costruzione è a pianta quadrata, circondata da una poderosa muraglia intervallata da dodici torresini. Il mastio è sito sul colle, in posizione di controllo sull’intero abitato; culmina con una torre quadrata e presenta a nord-est un castelletto o Rocca del Soccorso, che originariamente costituiva l’accesso alla fortezza.
Rocca Di Ponte Di Torre: La rocca è ciò che rimane dei forti staccati che, oltre al castello e alle mura turrite, difendevano Este già dai tempi precedenti all’epoca carrarese. Strutturalmente, è composta di una cinta di mura e di una torre quadrata, alta 24 metri.
Torre Civica Della Porta Vecchia: La torre attuale è databile alla fine del XVII secolo e sorge sul luogo della precedente porta, andata distrutta.
Tratto da : http://it.wikipedia.org – http://comune.este.pd.it
Ns. itinerari di riferimento:
In bicicletta da Este a Montagnana (novembre 2010 – km 50 ca)
Il giro in bicicletta dei Colli Euganei (marzo 2011 – 80 km c.a)Il giro in bicicletta dei Colli Euganei (marzo 2011 – 80 km c.a)
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Monselice
Abitata fin dall’ età del bronzo, l’antica Mons Silicis è conquistata nel Vll secolo dai Longobardi, come narra Paolo Diacono. Nel XII secolo diviene libero comune e in seguito viene occupata da Ezzelino da Romano, luogotenente dell’Imperatore Federico II di Svevia. Nel secolo XIV la città è oggetto di contesa tra le politiche espansionistiche di Cangrande Della Scala e dei Carraresi e assume un aspetto militare di cui conserva ancora segni consistenti.
Nel 1405 Monselice entra a far parte del territorio della Repubblica di Venezia.
Il Castello risulta dalla fusione di quattro nuclei principali edificati a partire dall’ Alto Medioevo. Fu successivamente ristrutturato da Ezzelino da Romano e ampliato dai Carraresi, di cui rimane a testimonianza il celebre camino. Con la conquista veneziana il Castello fu acquistato dalla famiglia patrizia dei Marcello, che ne completò la trasformazione in residenza. In epoca contemporanea fu riportato al suo passato splendore dal conte Cini, che lo arricchì con preziose collezioni di mobili, armi e suppellettili antiche.
Recentemente è stato allestito l’Antiquarium Longobardo che raccoglie le numerose testimonianze rinvenute sul colle della Rocca, tra cui una preziosa crocetta d’oro.
Tratto da : http://it.wikipedia.org
Ns. itinerario di riferimento:
Il giro in bicicletta dei Colli Euganei (marzo 2011 – 80 km c.a)
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Montagnana
Le mura attuali, che costituiscono uno degli esempi più insigni e meglio conservati di architettura militare medioevale in Europa, salvo il complesso di Castel San Zeno e i tratti di cinta ad oriente ed occidente che sono più antichi, risalgono alla metà del Trecento, quando i Carraresi, signori di Padova, vollero ampliare e rafforzare quello che era un essenziale luogo forte di frontiera dello stato padovano contro la Verona degli Scaligeri. Lo spazio urbano dentro le mura fu in quell’occasione ampliato, e la nuova cinta fu costruita con strati sovrapposti di mattoni e di pietre (trachite trasportata per via d’acqua dai vicini colli Euganei).
La città fortificata è racchiusa in un quadrilatero irregolare delle dimensioni di circa metri 600 x 300 con un’area di 24 ettari e un perimetro di circa due chilometri. Le mura, coronate da merli di tipo guelfo, sono alte dai 6,5 agli 8 metri, con uno spessore di cm 96-100. Tra un merlo e l’altro, delle ventole in legno servivano a riparare i difensori. Le torri perimetrali, in totale 24, distanziate di circa 60 metri, sono alte fra i 17 ed i 19 metri. Il vallo esterno varia dai 30 ai 40 metri.
All’interno dei fornici che reggono il cammino di ronda erano allogati i magazzini (canipe) per la custodia dei beni prodotti nelle campagne. Nelle torri, a più piani e coperte da un tetto spiovente defilato sotto la piazzola munita di macchina da lancio, stavano altri magazzini e gli alloggiamenti per i militi posti a guarnigione della fortezza nei momenti di emergenza bellica.
Attorno alla cinta muraria correva un ampio fossato allagato con l’acqua del fiume Frassine (confine verso il Vicentino) derivata per mezzo di un canale ad argini sopraelevati (il Fiumicello) avente funzione di vallo difensivo di saldatura lungo il quale, dalla parte padovana, stava un serraglio sopraelevato per la concentrazione delle truppe. Tutto attorno alla zona montagnanese erano paludi intransitabili o plaghe inondabili in caso di guerra, così che la città murata costituiva la chiave della frontiera padovana verso ovest. La struttura militare era per di più attorniata da quattro fortificazioni avanzate perimetrali (le bastie), ora scomparse, e le due rocche poste a difesa delle due porte erano circondate da fossato pure dalla parte di città. La fortezza, ai suoi tempi, era imprendibile e, di fatto, fino all’avvento delle grosse bocche da fuoco (XVI secolo), non fu mai espugnata militarmente.
L’accesso alla città era controllato dalle porte fortificate del castello di San Zeno (ad est, verso Padova) e della Rocca degli Alberi (ad ovest, verso il veronese). Solo più tardi, nel ‘500, fu aperta a nord una terza porta (porta Nova o di Vicenza) per agevolare le comunicazioni con il porto fluviale del Frassine. Alla fine dell’Ottocento un quarto varco fu praticato verso sud, per accesso alla stazione ferroviaria.
Rocca degli Alberi
La rocca degli Alberi, che si alza imponente e pittoresca sul vallo dalla parte occidentale, fu costruita dai Carraresi nel biennio 1360-62 con funzione esclusivamente militare. L’ingresso fortificato era costituito da un complesso sistema difensivo: lungo l’androne di transito, dominato da due torri, stavano quattro porte a battenti, due saracinesche e quattro ponti levatoi a bilanciere. Sistema simile era a castel San Zeno.
Il Mastio
Il Mastio è una torre imponente di circa 40 metri d’altezza che doveva costituire un punto privilegiato per l’avvistamento e la difesa della città. Venne costruito nel 1242 dal tiranno che, dopo aver conquistato e dato alle fiamme la città, decise di dotarla di nuove strutture difensive. originariamente doveva essere più basso e coperto da un tetto di legno sormontato da una guardiola: da qui i soldati montagnanesi potevano avvistare i nemici che venivano da Padova o da Venezia.
Castello di San Zeno
Il castello di San Zeno (il cui toponimo derivante dalla vicina chiesa di San Zeno, richiama una fase di espansione della diocesi veronese) sorge nel luogo di un insediamento alto-medioevale che fu residenza degli eredi di Ugo il Grande di Toscana divenuti in seguito i marchesi d’Este. L’odierna costruzione (salvo l’ala veneziana e le sovrastrutture austriache) risale per buona parte al XIII secolo, quando Ezzelino, dopo averla data alle fiamme nel 1242, volle meglio fortificare Montagnana. L’edificio ha pianta rettangolare (metri 46 x 26) con un ampio cortile interno. Fino agli inizi del XIX secolo, il castello era circondato da un fossato che lo isolava anche dal lato di città. La struttura era completata da torri (di cui ne restano due) e dal vicino mastio (alto circa 40 metri). Inizialmente, il ponte levatoio che varcava il vallo consentendo l’accesso alla città, immetteva probabilmente nel cortile interno del castello. Si ipotizza che il passaggio sia stato poi spostato sul lato sud del castello stesso, protetto sia da questo che dall’alto mastio. Quando Padova, Verona e le altre città del Veneto furono assoggettate da Venezia e cessarono le loro reciproche continue lotte, Montagnana prosperò come zona di produzione agricola. Tratto da : http://it.wikipedia.org
Ns. itinerari di riferimento:
In bicicletta da Este a Montagnana (novembre 2010 – km 50 ca)
Lonigo – Cologna V.ta – Montagnana – Pojana – Lonigo (65 km ca)
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Cittadella
La città, con la sua splendida cinta muraria, sorse nel 1220 e per volontà del comune di Padova. La costruzione fu diretta da Benvenuto da Carturo.
Ha forma di ellisse irregolare e con l’abitato costituisce un complesso organico del più alto interesse storico, non solo per gli studi sui castelli ma anche per quelli di urbanistica. Lo spazio interno che le mura delimitano è ordinato da due traverse che raccordano le quattro porte con il centro, dividendo l’abitato in quartieri, a loro volta suddivisi a scacchiera dalle caratteristiche stradelle.
La cortina murata comunica con l’esterno attraverso quattro ponti in corrispondenza delle porte (a loro volta costruite sui quattro punti cardinali), rivolte verso le vicine città di Padova, Vicenza, Bassano del Grappa e Treviso (di qui la denominazione Porta Padovana, Porta Vicentina, Porta Bassanese, Porta Trevisana). I ponti levatoi, mantenuti in servizio fino al secolo XVI, gradualmente vennero sostituiti con altri in muratura. Gli attuali risalgono alla prima metà del secolo scorso.
La cinta muraria di Cittadella è uno dei pochi esempi di sistema difensivo con camminamento di ronda ancora percorribile, perfettamente conservata nel tempo e giunta ai giorni nostri ancora integra. E’ quindi uno dei sistemi difensivi più belli in Europa.
Le mura si elevano ad un’altezza media di 14 metri, ma nei torrioni posti a vedetta delle porte si arriva anche a 30 metri. Esse, di forma ellittica, si sviluppano per una circonferenza di 1461 metri ed hanno uno spessore medio di circa 2,10 metri. La muraglia si alterna a 36 torri di varie dimensioni: i 4 torrioni in corrispondenza delle porte di accesso, 12 torri quadrangolari di 6×4 metri in pianta e con un’altezza di circa 22 metri, e 16 torresini di base più ridotta di 6×3 metri per un’altezza di 15.
La distanza fra ciascuno di questi elementi è di circa 40 metri e ciascuno di questi intervalli di mura è coronato da un parapetto con 10 merli “guelfi” a due spioventi lisciati. In alcuni punti a causa di rifacimenti posteriori sono presenti anche merli ghibellini, o a coda di rondine.
Le mura sono pressoché prive di fondamenta e a sostenerle provvedono i terrapieni appoggiati all’interno e all’esterno di esse, ricavati con materiale di riporto delle fosse
La costruzione delle mura ha richiesto il lavoro di molte persone per vari anni; in un primo tempo ci si limitò all’allestimento di strutture difensive di terra e di legno, alla costruzione delle porte di accesso e del fossato. Con una serie di interventi successivi si crearono le opere in muratura. Nella prima fase corrispose l’impianto delle quattro porte e di quasi tutte le torri e i torresini su cui poggiavano cortine murarie piuttosto basse; nella seconda si provvide all’innalzamento della muraglia e al suo completamento con gli archetti e i merli.
Il recente restauro ha consentito la messa in sicurezza dell’antico Camminamento di ronda, che permette ai visitatori di ammirare la città da punti di vista inediti e privilegiati
Cenni storici
Fin dall’età del bronzo risulta documentata la presenza dell’uomo nella zona in cui sorse Cittadella, mentre in epoca romana fu interessata da un importante agro centuriato, che aveva come decumano massimo la via Postumia, costruita nel 148 a.C.
Dall’XI secolo si erano andate formando signorie rurali con una serie di minuscoli villaggi, costruiti attorno a pievi (come quella di San Donato) e abbazie (come Santa Lucia di Brenta).
In epoca medievale, subito dopo la sua fondazione, Cittadella garantì al comune di Padova una base dalla quale contrastare il potere dei signorotti rurali locali, quali l’aristocrazia del feudo di Onara e di Fontaniva.
Caduta in mano ad Ezzelino da Romano per un breve periodo, assunse un ruolo strategico nei confronti del territorio circostante nella seconda metà del Duecento, secolo in cui conobbe una notevole fioritura. Nel 1236 Padova concesse alla città la facoltà di dotarsi di propri Statuti.
Nel 1318 Cittadella passò sotto il dominio di Cangrande della Scala. Ritornò poi sotto Padova, allora signoria dei Da Carrara. Nel Trecento il ruolo di Cittadella crebbe ulteriormente e la Podesteria si allargò.
Nel 1405 Cittadella si diede spontaneamente a Venezia, ottenendo in cambio la facoltà di conservare i propri Statuti. Dal 1483 fu donata da Venezia a Roberto Sanseverino, i cui successori la tennero fino al 1499, mentre per un anno, dal 1503 al 1504, fu data a Pandolfo Malatesta, a seguito dei patti giurati stretti tra Pandolfo e la Repubblica di Venezia.
L’anno 1508 vide la nascita della lega di Cambrai, contro Venezia. Il Malatesta, signore di Cittadella, passò allora allo schieramento nemico. Per questo motivo la cittadina fu più volte attaccata e saccheggiata dalle truppe imperiali. La pace veneziana venne ripristinata solo nel 1516.
Dopo queste burrascose vicende, Cittadella conobbe tre secoli di pace, interrotti nel 1797, quando le truppe napoleoniche si impossessarono di tutto il territorio appartenuto alla Repubblica di Venezia.
Tratto da http://turismo.comune.cittadella.pd.it – http://it.wikipedia.org
Ns. itinerario di riferimento:
Cicloitinerario Camposampiero – Onara – Cittadella – Camposampiero (50 km ca)
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Treviso
Treviso è delimitata, con un perimetro di circa 5 km a forma quadrangolare, da una cinta muraria eretta intorno al 500 su progetto del veronese Fra’ Giocondo, in gran parte conservato, prezioso ed invidiabile anello verde, cuscinetto tra la città storica e quella moderna. Si possono ammirare tre splendide porte che celano la funzione difensiva: Altinia, SS.Quaranta e S.Tomaso, la più maestosa, di splendida architettura in candida pietra d’Istria.
Nel 1158 entrò nel dominio della famiglia Tempesta rimanendoci sino al 1245 quando venne occupata da Ezzelino III il Tiranno. Sono ancora visibili i resti del Castello eretto dai Tempesta.
Porta Altinia fu realizzata nei primi anni del Cinquecento, a sud di Treviso. Il suo aspetto è meno maestoso rispetto a quello delle Porte di Santi Quaranta e San Tomaso, ma più elegante ed aggraziato. Il nome “Altinia” deriva dalla città verso cui era orientata, ossia Altino, città romana devastata da Attila. Porta Altinia è l’unico passaggio rimasto della cinta di mura medievali, inglobato nella cerchia cinquecentesca e poi variamente rinforzato ed innalzato. Di qui transitavano le merci da e per Venezia che non seguissero la via fluviale del Sile; così la Porta servì per un lungo periodo sia come baluardo militare che come simbolo del collegamento di Treviso con Venezia ed il Veneto orientale in generale.
Il rivestimento della facciata, ricco di motivi decorativi a bassorilievo, in pietra d’Istria sembra indicare il desiderio e l’intenzione di esprimere raffinatezza e grazia piuttosto che possanza e robustezza strutturale. Sul prisma murario, più alto che largo, si inserisce l’arco a sesto ribassato. Le relative lesene reggono una fine trabeazione su cui poggia l’imponente bassorilievo del leone alato di San Marco e, in antico, la statua della Madonna e dell’angelo annunziante. La facciata verso Treviso era semplicemente intonacata e dipinta. Gli affreschi di Pompeo Amalteo non esistono più.
Sorta a ridosso del castello di San Marco, la Porta aveva funzioni di difesa, garantite anche da un ponte levatoio che dava sul fossato esterno. Con l’apertura ad Est di un varco sulle Mura, Porta Altinia perdette ogni significato strategico.
Porta S.S.Quaranta fu fatta erigere dal podestà-capitano Nicolò Vendramin nel 1517. Costruita in un solo anno, la sua monumentale facciata assunse subito il carattere celebrativo della vittoria.
L’ornato della facciata esterna, in pietra d’Istria, sobrio e pacato, è incorniciato dalla muratura trattata ad intonaco. L’insieme doveva dare l’idea di una fortezza inespugnabile, simbolo di un governo forte e sicuro. Le tre grandi feritoie che tagliano verticalmente la facciata fino all’altezza dell’arco indicano la presenza, in passato, di due ponti levatoi. Il restauro delle pareti intonacate ha evidenziato la presenza di alcune decorazioni in affresco. All’interno del vano centrale sulla parete sud, probabilmente collocata ai tempi della costruzione, si trova una scultura in bassorilievo raffigurante San Liberale con vessillo, proveniente forse da una delle cinte medievali.
Porta San Tomaso è la più monumentale delle tre. Posta in direzione Nord di Treviso, eretta sotto il podestà Paolo Nani nel 1518, è opera di Guglielmo D’Alzano di Bergamo, ma pare vi abbiano posto mano anche i fratelli Lombardo, di Venezia. La statua posta sulla sommità della porta, non raffigura San Tomaso, come crede la tradizione popolare, bensì San Paolo. All’esterno sull’arco centrale, è riportata la scritta: “Porta de San Thomaso”, in dialetto veneto per le genti provenienti da fuori Treviso, per lo più contadini. Sull’arco rivolto verso la città, la stessa scritta è riportata in lingua latina (Porta Sancti Thomae – Dominus custodiat introitum et exitum tuum) a rimarcare la differenza tra la cultura aristocratica del centro e la campagna.
Durante i moti risorgimentali, Porta San Tomaso divenne Porta Mazzini e mantenne questo nome anche per alcuni decenni dopo il 1900, finché non fu ripristinato quello attuale.
Tratto da http://it.wikipedia.org
Ns. itinerario di riferimento:
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Castelfranco Veneto
Castello
L’elemento che più caratterizza Castelfranco è il castello, che ne racchiude il centro storico. Difeso da mura molto alte, di mattoni rossi, comprende sei torri, quattro delle quali sui vertici della base quadrata di 232 m di lato, una sulla mediana sud (verso Padova), trasformata in campanile del duomo, l’altra sulla mediana ad est (verso Treviso). Da un disegno conservato presso la Biblioteca Comunale si notano in totale sette torri. L’ultima, abbattuta, era posta sulla mediana ovest (verso Cittadella).
Cenni storici
Castelfranco nasce nel 1195 quando il comune di Treviso, da poco formatosi, sentì la necessità di costruire una fortezza al confine con le rivali Padova e Vicenza, in un’area dove il fiume Muson rappresentava l’unica effimera demarcazione naturale. Il luogo prescelto era inoltre in una posizione strategica: un terrapieno preesistente sulla sponda orientale del corso d’acqua, prossimo alla confluenza tra le vie Postumia e Aurelia e in posizione centrale tra i fortilizi signorili di Castello di Godego e Treville e vescovili di Salvatronda, Riese e Resana
Cosa piuttosto peculiare, la popolazione del castello non era formata da soldati, ma da liberi cittadini che, stabilendovisi, potevano godere dell’esenzione da ogni imposta.
Il castello era governato da due consoli, in carica per sei mesi. Oltre ai normali compiti amministrativi, dovevano gestire la giustizia in nome del podestà di Treviso. Ciascun console doveva rispondere del proprio operato al compagno e agire contro di lui se violava la legge.
Il castello passò nel 1246 ad Ezzelino III da Romano, che lo fortificò ulteriormente con due gironi e una torre sul lato Sud (verso Padova); tornò a Treviso il 27 settembre 1259, giorno della morte del “Tiranno”.
Nel 1329 Castelfranco passò a Cangrande della Scala, signore di Verona.
Il 23 gennaio 1339 il castello segue le sorti di Treviso e passa a Venezia.
Seguirà un periodo di instabilità e turbolenze, con assedi e conquiste, sino alla fine della Guerra della Lega di Cambrai (1515), quando il dominio della Serenissima è ormai definitivo.
Questo è il periodo di massimo splendore per Castelfranco, specie dal punto di vista economico. La Repubblica favorisce la colonizzazione del territorio e lo sfruttamento dei fondi ancora vacanti e, di conseguenza, si rafforza la commercializzazione di prodotti agricoli.
Tratto da http://it.wikipedia.org
Ns. itinerario di riferimento:
Noale – Castelfranco V.to – Camposampiero – Noale (agosto 2010 – Km. 50 ca)
In bicicletta da Castelfranco V.to al parco regionale dei Fontanassi Km 25
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Noale
Il centro fortificato di Novalis (che significa “terra di nuovo utilizzo”) sorse dopo il 1000 come avamposto militare di Treviso, poco lontano dal confine, rappresentato dal fiume Muson, con la rivale Padova. I molti reperti archeologici recuperati, tuttavia, testimoniano che la civiltà era presente nel territorio già in epoca preromana e romana.
Inoltre, esiste una tradizione che afferma che la comunità di Noale fosse stata evangelizzata da San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, nel I secolo.
Nel XII secolo (1158) il castello divenne residenza dei signori Tempesta che avevano ricevuto la carica di “avogari”, cioè difensori e amministratori dei beni temporali dei Vescovi di Treviso. I Tempesta eserciteranno tale ufficio fino alla fine del Trecento quando, dopo l’estinzione del ramo legittimo, subentrarono gli Azzoni.
Nel (1339) i Tempesta consegnarono il Castello di Noale alla Serenissima che vi istituì una Capitaneria e, in seguito, una Podesteria. Sotto il governo francese la città divenne comune e, durante il successivo dominio austriaco, capoluogo di distretto. Nel 1866 entrò con tutto il Veneto nel Regno d’Italia, passando dalla provincia di Padova a quella di Venezia.
Castello e Rocca dei Tempesta
La rocca si presume risalga al XII secolo e fu residenza dei Tempesta, Signori di Noale.
Fu utilizzata per scopi militari fino al XV secolo poi divenne sede del Podestà sino al definitivo abbandono del 1763.
A partire da quello stesso anno molte parti dell’ormai cadente struttura vennero deliberatamente demolite per ricavarne materiali da costruzione “a beneficio della comunità”.
Alla Rocca si affianca il Castello ovvero quell’area ancora cinta dai fossati medievali che con forma di quadrilatero irregolare sorge a cavallo della direttrice Camposampiero–Mestre.
Fanno parte del complesso due grandi porte d’ingresso al Castello munite di merlature a coda di rondine, cui si affiancano le torri note come Torre dell’Orologio e Torre delle Campane
Tratto da : http://it.wikipedia.org – http://www.comune.noale.ve.it
Ns. itinerario di riferimento:
Mirano – Zianigo – Stigliano – Noale : il graticolato romano e i tre castelli ( km 30 ca)
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Verona
Nello spazio urbano veronese sono visibili ancora oggi opere monumentali che formano un repertorio di quasi 2.000 anni di storia dell’arte fortificatoria. La cinta muraria urbana, nel suo assetto definitivo, ha uno sviluppo di oltre 9 chilometri e occupa quasi 100 ettari con le sue opere: torri, rondelle, bastioni, fossati, terrapieni.
Verona può quindi vantarsi di avere ancora ben cinque cinte murarie costruite in epoche diverse e ancora visibili:
– in alcuni punti è ancora visibile la cinta muraria di epoca romana imperiale, di cui rimangono solo le rovine;
– dal ponte Aleardi fino a piazza Bra è ben conservata la cinta del XIII secolo, con tre torri, tra cui la più conosciuta è la torre pentagona dei portoni della Bra;
– sul colle San Pietro rimangono le mura scaligere, con ben quindici torri;
– i terrapieni della cinta più esterna innalzati dai veneziani, e alcuni bastioni;
– le mura, i bastioni e numerosi forti costruiti dagli austriaci, ancora quasi completamente intatti.
Durante la dominazione romana a Verona furono costruite due cinte murarie, una di epoca tardo repubblicana e meno conosciuta, e una più conservata e conosciuta, le cosiddette mura di Gallieno, costruite su ordine dell’imperatore Gallieno nel 265 per difendere la città dagli Alemanni.
La cinta repubblicana era lunga più di 900 metri, e aveva un segmento orientato in direzione nordovest-sudest e l’altro orientato in direzione nordest-sudovest, in cui si aprivano rispettivamente porta Borsari e porta Leoni. All’interno di Verona si sviluppò il foro, corrispondente all’odierna piazza delle Erbe, ai lati del quale si trovavano il campidoglio, la basilica e vari edifici pubblici.
Nel XI secolo venne ampliata da Arduino d’Ivrea la cinta muraria del colle verso oriente, per meglio difendersi dall’imperatore Enrico II. Tra il 1194 e il 1224 venne costruita la cinta comunale a sud della città, lungo una depressione naturale, che venne poi utilizzata come fossato. In seguito il ghibellino Ezzelino da Romano restaurò la cinta muraria, e ne costruì una più robusta tre metri più all’interno.
Alberto I della Scala fece allargare il percorso delle mura a oriente e settentrione, rafforzandole di numerose torri di guardia. Poco tempo dopo, Cangrande fece costruire delle enormi opere militari: venne fortificata la parte settentrionale, con una cinta muraria comprendente ben ventiquattro torri e quattro porte, e, praticamente in contemporanea, ampliò verso la campagna le mura a sud, creando il tracciato che oggi seguono le mura austriache di Verona.
Tra il 1509 e il 1517 Verona venne assoggettata da Massimiliano I, e al loro ritorno i veneziani decisero di rinnovare le mura di Verona: i primi lavori iniziarono nel 1523, con l’abbattimento delle mura scaligere meridionali, al cui posto sorsero alcuni bastioni e rondelle.
Con l’arrivo degli austriaci a inizio Ottocento, le mura subirono numerosi interventi. I primi interventi alle difese si ebbero dal 1830 fino al 1840, quando vennero ripristinati i bastioni e furono costruiti numerosi forti, dando vita a una rete di fortificazioni molto estesa.
Dopo la prima guerra di indipendenza del ’48-’49 gli interventi divennero ancora più complessi, soprattutto sul fronte occidentale, dove stava crescendo il pericoloso regno di Sardegna. Dal 1848 al 1852 venne costruita la prima cerchia di forti: Chievo, Croce Bianca, San Zeno, San Massimo, Fenilone, Santa Lucia, forte Palio, Porta Nuova, il forte Spianata, la torre Tombetta e forte Santa Caterina.
Successivamente venne aggiunta una seconda cintura più esterna: Forte Cà Bellina, Parona, Lugagnano, Dossobuono, Azzano, Tomba, San Michele e Forte Cà Vecchia. Nel 1859 l’Austria perse la Lombardia a favore del futuro regno d’Italia, così decise di creare un’intera regione fortificata, il cosiddetto quadrilatero. Tratto da http://it.wikipedia.org/
Ns. itinerario di riferimento:
da Verona a S.Martino B. A., Montorio, S.Maria in Stelle e ritorno a Verona – ca Km. 45
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Soave
Il Castello di Soave è un tipico manufatto militare del Medioevo che sorge sul Monte Tenda dominando la pianura sottostante.
È costituito da un mastio e da tre cortili con dimensioni differenti.
Il primo cortile (su cui si apre una porta con ponte levatoio), fu l’ultimo in ordine di costruzione, opera della Repubblica di Venezia nel ‘400. Nel cortile si scorgono i resti di una chiesetta a tre absidi probabilmente risalente al X secolo, il tempo delle scorrerie degli Ungari (e probabile luogo di rifugio per la popolazione, anche se fuori dalle mura dell’originario castello). Attraverso una porta con saracinesca si passa al secondo cortile (il primo dell’antico castello), il più grande, detto della Madonna per un affresco (Vergine che protegge i fedeli inginocchiati) del 1321 presente sopra la porta d’ingresso ad occidente. Nello stesso cortile è presente una porta di soccorso in quanto destinata al rifornimento degli occupanti il castello, in caso di difficoltà. Inoltre s’intravedono tracce di edifici (alloggi per i soldati) nei lati ovest e sud. L’ultimo cortile, il più piccolo e il più elevato, si raggiunge tramite una scaletta di legno: la soglia della porta è così elevata per ostacolare i nemici in caso di attacco. Oltrepassata la porta s’intravede un affresco del 1340 raffigurante un soldato scaligero (affresco che documenta come era armato un soldato degli Scaligeri a quei tempi); la scritta Cicogna (o Cigogna) se si riferisce al pittore richiama affreschi dello stesso presenti a San Pietro in Briano e a San Felice di Cazzano di Tramigna.
Ciò che colpisce l’occhio è il grande mastio nel quale si entra tramite un’apertura nel basamento; era il luogo di estrema difesa ma il mucchio di ossa trovate in questo luogo fa immaginare che sia stato anche luogo di tortura e prigione. Al centro della corte si trova una vera da pozzo antica (si vedono i segni dell’usura delle corde) mentre un po’ a destra abbiamo la stanza destinata al corpo di guardia dove troviamo armi di offesa e difesa usate dai soldati scaligeri. Anche nel cortile interno si ritrovano resti di caserme. Una scala esterna permette di entrare in quella che era l’abitazione del signore o del suo rappresentante (il Capitano, in epoca scaligera).
La stanza centrale è detta “la Caminata” per via del grande camino presente. Sulla tavola son presenti (in alcune cassette) oggetti trovati nel restauro (o prima) del castello come monete romane, frammenti di armi ma anche strumenti di guerra provenienti da altri castelli e monete e medaglie ritrovate in più tempi a Soave. Dalla “Caminata” si accede ad un cortile piccolo aperto in epoca veneziana. La stanza centrale comunica poi con la camera da letto (in cui è da notare l’affresco duecentesco del Crocefisso tra la Madonna e la Maddalena) e con la sala da pranzo con tavola imbandita con stoviglie riproducenti quelle dell’epoca. Da questa sala si giunge ad una stanzetta con cinque ritratti: Mastino I, il fondatore della fortuna e della potenza scaligera; Dante Alighieri (di cui si presume un soggiorno nel castello); Cangrande, il più importante tra gli Scaligeri; Cansignorio della Scala, il quale restaurò ed ampliò il castello, fece circondare Soave dalla cinta muraria e fece costruire il Palazzo di Giustizia e quello Scaligero; Taddea da Carrara, moglie di Mastino II.
Le mura scaligerevennero costruite nel 1369 per volontà di Cansignorio della Scala e raccolgono al loro interno il nucleo storico di Soave. Anticamente solo tre porte si aprivano nella cinta: Porta Aquila (ora Porta Bassano) a nord, Porta Vicentina ad est e Porta Verona a sud (recentemente restaurata).
Per due lati (ovest e sud) le mura sono accompagnate dal fossato naturale formato dal Tramigna. Tratto da http://it.wikipedia.org
Ns. itinerario di riferimento:
Soave ed i colli veronesi e vicentini con i loro vigneti (aprile 2011 – 45 km ca.)
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Villafranca di Verona
Villafranca nasce ufficialmente il 9 marzo del 1185, quando il consiglio maggiore di Verona decide la fondazione di un insediamento abitato all’estremità occidentale della Campagna Veronese, ai confini con Mantova. Fu promosso l’arrivo di nuovi abitanti con la promessa di renderli esenti dalla tassazione altrimenti gravante su tutti gli abitanti del contado (è questo il significato etimologico del nome Borgo Libero, ossia Villafranca). Ad ogni colono furono assegnati 33 campi veronesi, di cui uno per la casa e 32 per la terra da coltivare. In gioco era soprattutto la difesa del territorio contro Mantova lungo la direttrice dell’importante arteria già esistente ai tempi di Roma, l’antica via Postumia, in un punto assai strategico per le comunicazioni. Il comune di Verona diede perciò grande importanza militare a Villafranca e qui volle edificare fin da subito una struttura fortificata, mutatasi poi in castello (1243) e infine, sotto gli Scaligeri nel perno di un sistema difensivo che, insieme alle rocche di Nogarole e di Valeggio, costituiva il cosiddetto Serraglio, una grande muraglia intervallata da torri e fortilizi iniziato da Mastino Il della Scala nel 1345 e terminato da Cangrande Il della Scala nel 1355, di cui oggi rimangono soltanto poche tracce.
Così Gerolamo Dalla Corte: «Il quale (Mastino) vedendo la nemicizia co’ gonzaghi andar continuando, ed esser da far qualche stima di loro, deliberò di far dalla parte di Mantova un seraglio, e un lungo forte, ove in tempo di guerra potessero i suoi con le famiglie, e bestiami ridursi, e star sicuri dal furor dei nemici: e subito diede principio alla muraglia di Villa Franca; la quale in que’ tempi fu reputata opera di gran fortezza, e spesa».)
La funzione originaria di avamposto militare si conservò inalterata per tutto il primo periodo della dominazione veneziana (1405-1518). Poi, con l’avvento delle artiglierie e il rifacimento delle fortificazioni avvenute a Verona nei primi decenni del Cinquecento, la situazione a Villafranca mutò radicalmente. La città si trasforma in stazione di posta e di esazione daziaria per i mercanti e i trasportatori che collegano Mantova a Verona, mentre il castello, che già alla fine del Quattrocento ospitava le abitazioni di una piccola comunità ebraica, è concesso in usufrutto a privati. Tratto da http://www.comune.villafranca.vr.it/
Ns. itinerario di riferimento:
Strada del Riso Vialone Nano Veronese (aprile 2011 – Km. 70 ca)
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Marostica
Il castello superiore. Anticamente i Romani edificarono, sulla sommità del Pausolino, una fortificazione che venne successivamente utilizzata in epoca medioevale.
Nel 1262 è documentata, infatti, l’esistenza su questo colle di una torre «tribus spondis».
Cangrande Della Scala (1312 e anni seguenti) fece edificare, su questa preesistente torre, il Castello Superiore, che, di forma quadrata, aveva ai lati quattro torresini ed una grande torre nel mezzo.
Il castello, che fu sede del podestà veneziano fino alla guerra di Cambrai (1509-1510), era dotato, oltre che di un grande pozzo, ancora visibile nell’ampio cortile interno, di una chiesa e di un mulino a vento.
Il castello inferiore. Con la conquista scaligera di Vicenza ad opera di Cangrande Della Scala (aprile 1311) il territorio vicentino viene sottratto alla «custodia» padovana. Inizia così il periodo della dominazione scaligera (1311-1387).
Con Cangrande viene avviato il processo di ridefinizione urbanistica di Marostica con lo spostamento del cuore della città dall’antico Borgo, romano e medioevale, all’attuale centro intramurario.
Agli anni 1312 e successivi risale, infatti, la costruzione del Castello Inferiore, detto anche Castello Da Basso, e del Castello Superiore.
Il Castello Inferiore, tutto merlato, ha pianta rettangolare ed è un tipico castello-recinto costruito a ridosso di un imponente Mastio.
Costituisce un pregevole esempio di architettura militare.
Dopo la guerra della Lega di Cambrai (1509-1510) il podestà trasferì la sua sede dal Castello Superiore, gravemente danneggiato, al Castello Inferiore.
Il Doglione, anticamente detto Rocca di Mezzo, risale al Medioevo.
E’ ricordato in un antico documento del 1218 quando Ezzelino il Monaco cedette Marostica a Vicenza.
Durante il Xlll secolo svolse la funzione di casello daziario per le merci in entrata ed in transito a Marostica dal momento che la strada principale ricalcava l’attuale corso Mazzini.
Venuta meno la sua importanza durante l’età scaligera (1311-1387), il Doglione ritornò in auge in età veneziana (1404-1797) ospitando al suo interno la Cancelleria, l’archivio dei protocolli, il Monte di Pietà e, soprattutto, l’armeria che custodiva ben settecento armature che venivano utilizzate dai marosticensi per le esercitazioni militari in Campo Marzio.
La cinta murata
L’attuale aspetto di Marostica, come città murata, risale agli Scaligeri.
La costruzione delle mura, intervallate dai torresini, venne iniziata da Cansignorio il 1° marzo 1372.
La cinta racchiude il colle Pausolino e l’immediata pianura sottostante, unendo così i due castelli.
Nell’armonioso susseguirsi delle cortine si inseriscono quattro porte: la Vicentina a sud, la Breganzina a ovest, la Bassanese a est e la porta del Castello Superiore a nord.
Nel 1934-1935 fu praticata un’altra apertura nel versante sud a fianco del Castello Inferiore per consentire agli abitanti del centro murato un più agevole accesso alla stazione ferroviaria.
I camminamenti di ronda appoggiati all’interno delle mura permettevano agli armati un servizio di guardia pronto ed efficiente.
Il parco. Occupa l’intero versante sud del colle Pausolino, delimitato dalla cinta murata che sovrasta il centro urbano.
Mantiene in gran parte i medesimi caratteri naturali della fascia collinare cui appartiene, ma l’essere inserito all’interno della mura lo ha fatto diventare un punto eccezionale nell’immagine del paesaggio collinare, ed ha fatto si che questo venga ad essere interessato, lungo il percorso collinare storico che congiunge l’abitato urbano interno alle mura con il Castello Superiore.
Tratto da : http://www.comune.marostica.vi.it/
Ns. itinerario di riferimento: